La capacità di scrivere Haiku
Innovativo progetto per un centinaio di preadolescenti degli istituti secondari di primo grado di Busto Arsizio, che hanno imparato a raccontarsi attraverso i componimenti poetici giapponesi
“Dal progetto nelle scuole sono scaturite diverse emozioni”
Tra guerra e pandemia, la salute mentale in particolare e il benessere delle persone in generale sono stati messi a dura prova nell’ultimo periodo. In particolare per quanto riguarda chi sta attraversando particolari fasi della vita. Come la preadolescenza. Proprio per raccontare come i ragazzini sentano il disagio in questo autunno 2022, come lo descrivano e lo comunichino, a Busto Arsizio è stato sviluppato un progetto in 6 classi seconde e una terza delle scuole secondarie di primo grado. Per un totale di un centinaio di alunni impegnati a studiare e realizzare gli haiku. Ossia, i componimenti poetici giapponesi composti da 3 versi. In cui, appunto, raccontare il loro mondo.
Un nuovo modo di comunicare
Per parlarne, nel corso della Settimana dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, a fine novembre è stato organizzato un apposito incontro ai Molini Marzoli con insegnanti, genitori e qualche alunno. “Insieme ai colleghi della cooperativa Elaborando, che rappresento, CTA, Davide, Naturart e l’associazione 26×1 abbiamo raccontato in sintesi quali sono stati i passaggi, le sensazioni, le paure e le difficoltà raccolte, ma anche il desiderio dei ragazzi e delle ragazze di raccontare a se stessi e agli altri in classe quello che provano e poi lo sforzo di trovare una forma poetica per esprimerle”, spiega Sergio Ceriotti, che prosegue: “Dagli haiku sono uscite diverse emozioni. In alcuni gruppi si sono toccati temi fondamentali e importanti come la morte e la fatica di restare chiusi, in altri gruppi c’è stato molto supporto e molta disponibilità da subito”.
Il coraggio di fermarsi
Di qui, il confronto avvenuto durante il dibattito pubblico e le conclusioni di Ceriotti: “Siamo arrivati a dire che è importante che a volte come adulti prendiamo il coraggio di fermarci, riconoscendo che prima di tutto è un bisogno nostro di adulti in una società che corre che ed è sempre basata sulla prestazione, sulla misurazione, sulla competizione, che sono di certo fattori molto importanti, ma che se diventano gli unici fanno perdere quella che è la nostra dimensione umana”. Già.
In foto, Sergio Ceriotti