Attenti al dottor G.!

I rischi dell’autosomministrazione di farmaci e integratori

di admin

Eliana Piantanida, professore associato di Endocrinologia al Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi dell’Insubria e dirigente medico dell’Asst dei Sette Laghi, invita a non cadere nelle trappole della rete

“In materia di farmaci, nessuno spazio deve essere concesso all’iniziativa autonoma”

di Eliana Piantanida

Rispetto al passato, oggi l’uso dei farmaci è più semplice e diffuso, grazie al progresso della medicina e all’estensione dell’assistenza sanitaria. Con una certa frequenza si assiste all’autosomministrazione di farmaci o integratori, senza consultare il medico, qualche volta acquistando on-line prodotti offerti a costi più contenuti, anche tramite canali non convenzionali, con il rischio di incappare in articoli di dubbia provenienza. La facilità di accesso all’informazione, purtroppo non sempre corretta e affidabile, il “passaparola”, la pubblicità possono indurre a considerare il farmaco come qualsiasi altro bene di consumo e innescare comportamenti inappropriati. I farmaci devono essere prescritti dal medico, non possono essere autogestiti, perché l’uso improprio, l’abuso, gli errori di dosaggio e di modalità di assunzione possono avere conseguenze gravi. Il “fai da te” è molto pericoloso anche per farmaci comunemente utilizzati e apparentemente meglio conosciuti.

Il pericolo dell’autodiagnosi

È il caso, in ambito endocrinologico, della levo-tiroxina, usata per curare l’ipotiroidismo. L’insufficiente produzione di ormoni tiroidei, che si manifesta più spesso in età adulta, vede tra le cause principali la carenza di iodio, la tiroidite di Hashimoto, alcuni farmaci (amiodarone, litio, immunoterapici), la terapia con iodio radioattivo, l’asportazione della tiroide; più rare le alterazioni della funzione dell’ipofisi, la ghiandola endocrina che regola l’attività della tiroide attraverso l’ormone tireo-stimolante (TSH).

Asintomatico nelle forme lievi, in quelle moderato-severe l’ipotiroidismo provoca stanchezza e sonnolenza, difficoltà di concentrazione e memoria, umore depresso, bradicardia, cute pallida e secca con unghie e capelli fragili, voce rauca ed eloquio rallentato, intolleranza al freddo, stipsi, tendenza all’aumento di peso per accumulo di liquidi nei tessuti (mixedema) e per rallentamento del metabolismo, irregolarità del ciclo mestruale. La diagnosi si basa sul dosaggio degli ormoni tiroidei – tiroxina (FT4 e triiodiotironina (FT3) – e del TSH; esami complementari sono la determinazione degli anticorpi anti-perossidasi e anti-tireoglobulina (specifici della tiroidite di Hashimoto) e l’ecografia tiroidea. Come diversi altri farmaci, la levo-tiroxina, che è il trattamento elettivo dell’ipotiroidismo, ha una ristretta “finestra terapeutica”. Significa che l’intervallo di concentrazione entro il quale il farmaco mantiene i propri effetti terapeutici minimizzando gli effetti indesiderati è piccolo. 

Occhio ai dosaggi

Non esiste, quindi, una dose standard, adatta a tutti i pazienti: il dosaggio deve essere accuratamente personalizzato. Il medico stabilisce la dose, tenendo conto di una serie di fattori (grado e causa dell’ipotiroidismo, età, peso, condizioni cliniche generali e comorbilità del paziente), partendo con piccole dosi, che vengono aumentate gradualmente, fino al raggiungimento dell’obiettivo terapeutico, da verificare con controlli periodici. La scelta tra le formulazioni attualmente disponibili è frutto del confronto medico-paziente, aperto e approfondito, con lo scopo condiviso di garantire la massima adesione alla terapia prescritta. L’autogestione va fortemente scoraggiata, perché espone al rischio di dosaggio insufficiente o, al contrario, di sovra-dosaggio, particolarmente rischiosi soprattutto in condizioni delicate come la gravidanza o la fase post-operatoria della patologia tumorale maligna della tiroide.

La sottile differenza tra rimedio e veleno

In questo senso, alla terapia sostitutiva dell’ipotiroidismo si applica perfettamente il principio caro a Paracelso, il padre della tossicologia moderna: “È la dose che fa la differenza tra rimedio e veleno”. Sappiamo, inoltre, che alcuni alimenti (soia, avena, papaya), integratori (calcio, ferro) e farmaci (idrossido di alluminio, inibitori di pompa protonica, colestiramina) possono interferire con l’assorbimento della levo-tiroxina.

Gli anziani e la politerapia

È importante, quindi, riferire al medico le proprie abitudini alimentari e l’eventuale assunzione di integratori o farmaci e attenersi scrupolosamente alle indicazioni sulle modalità di assunzione: questo aspetto è particolarmente rilevante nelle persone, spesso anziane, che assumono diversi farmaci (politerapia). 

La guida per l’uso corretto dei farmaci

Rinunciare al “fai da te” non significa privare il paziente di un ruolo attivo nella gestione della sua patologia e della relativa terapia; al contrario, significa promuovere la condivisione con il medico di medicina generale e con lo specialista di ogni dubbio, difficoltà, variazione di abitudini alimentari, cambiamento dello stato di salute. Senza dimenticare che il medico, grazie a una preparazione specifica e ad un aggiornamento continuo, è in grado di applicare le conoscenze necessarie per un uso corretto dei farmaci.

Cura efficace e sicura

Le opinioni del “Dottor Google”, non di rado prive di solide prove scientifiche, rischiano di favorire, soprattutto nel lettore con minore familiarità con argomenti sanitari, la convinzione di possedere una cultura medica così completa e accurata, da poter fare a meno dei consigli del professionista. In materia di salute e, in particolare, nell’accidentato terreno dei farmaci, nessuno spazio deve essere concesso all’iniziativa autonoma: evitare il “fai da te” è la via maestra per ricevere una cura efficace e sicura.

 

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