La genetica a servizio del paziente ematologico. Accade a Varese, che facendo rete con altre realtà lombarde ha vinto di recente oltre 4 milioni per la ricerca, in modo che ciascun malato possa avere una terapia personalizzata. In collaborazione con l’università dell’Insubria, inauguriamo la nostra nuova rubrica sulla salute con questa incoraggiante notizia, che ci viene presentata dal professor Francesco Passamonti (nella foto), direttore di questa branca della medicina all’ospedale varesino
Un totale di 4,2 milioni di euro per la ricerca, finalizzata alla medicina personalizzata o di precisione. E’ quanto vinto nel 2017 dall’Ematologia di Varese in rete con altre realtà lombarde, aggiudicandosi un progetto della Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica (Frrb).
Del resto, questa branca della medicina ha tra i suoi obiettivi principali lo sviluppo e l’applicazione della medicina personalizzata, che significa assegnare a ciascun malato la sua cura. Individualizzare la terapia significa pertanto caratterizzare ogni malato per le alterazioni del suo Dna, ottenendo una sorta di carta d’identità genetica, e stabilire un percorso individuale di terapia.
L’Ematologia si occupa infatti di malattie del sangue, cioè di linfomi, mieloma e leucemie acute e croniche. Queste rappresentano la terza causa di morte in Italia tra i tumori, per cui la sfida sulla cura è grande. Ogni cancro è sostenuto da alterazioni del Dna, che il paziente acquisisce durante la vita. Le mutazioni determinano anomalie a livello delle cellule, che favoriscono lo sviluppo del tumore. Inoltre, agiscono portando il tumore a crescere in modo incontrollato. Conoscendo quali siano queste alterazioni, si possono aprire nuove possibilità di cura.
Il grande salto in avanti nell’identificazione delle basi molecolari delle malattie è dunque avere a disposizione strumenti d’indagine moderni. L’Ematologia di Varese si è rafforzata nel 2017 dall’acquisizione di uno strumento di sequenziamento del Dna molto avanzato (Next Generation Sequencing): da poco sangue raccolto al paziente con un prelievo ematico normale, si ottengono i geni malati responsabili delle forme leucemiche. Tale strumento è un dono di un paziente e sottolinea come il legame tra questo reparto e il territorio sia forte. Qui, peraltro, abbiamo la sezione locale dell’Ail, Associazione italiana leucemie-linfomi, che da sempre supporta la ricerca e l’assistenza. Senza dimenticare la Fondazione Rusconi.
L’applicazione delle nuove metodiche consente ora di stabilire i fattori di prognosi e quindi comunicare informazioni importanti al malato e di predire la possibilità di risposta. Al momento si è in una fase sperimentale, cioè di ricerca, ma a breve tale metodologia sarà nell’ambito della normale diagnostica. Ci sono alcuni esempi di questa applicazione. L’indicazione al trapianto di cellule staminali nelle leucemie acute si basa sul profilo dei geni alterati dei pazienti. Esistono terapie innovative con molecole che inibiscono le mutazioni dei geni FLT3, e IDH, presenti nel 40% delle leucemie acute.
Nello sviluppo delle terapie a bersaglio molecolare JAK2 nelle leucemie croniche, l’Ematologia locale è del resto stata pioniera a livello nazionale ed internazionale. Nei linfomi all’ospedali varesino sono a disposizione farmaci inibitori di alcuni meccanismi patogenetici e programmi di cura senza chemioterapia. Nel mieloma si studia la genetica all’esordio per sceglie quando indicare doppio trapianto di cellule staminali.
In generale, a Varese si è consapevoli del fatto che le collaborazioni internazionali sono indispensabili per lo sviluppo della ricerca, che è fondamentale per la medicina rivolta all’interesse del paziente.