Anna Gervasoni, docente di Economia e gestione delle imprese alla Liuc di Castellanza e direttore di Aifi (Associazione italiana per il private equity, venture capital e private debt) analizza la trasformazione che stiamo vivendo, non soltanto dal punto di vista economico
di Anna Gervasoni
La trasformazione forzata e accelerata delle modalità sia di lavoro sia della didattica a distanza ha provocato cambiamenti importanti negli stili di vita, che resteranno patrimonio sociale e decreteranno un modo di essere e una chiave di lettura degli anni Venti di questo secolo.
Una ritrovata essenzialità
Essere osservati attraverso uno schermo ha notevole implicazioni: dal vestirsi alla cura della persona, fino al trucco (per le donne). Tutto viene in qualche modo filtrato. L’abitare cambia, si predilige la comodità, la riorganizzazione degli spazi in modo più funzionale. Lo studio e l’apprendimento avvengono in distance, senza confronto diretto con il professore e i propri compagni, ma attraverso chat e team di discussione online. Questo ci porta a una ritrovata semplicità, essenzialità. Anche se forse il rischio è quello di una maggiore solitudine, che – se vista come opportunità – può però diventare finalmente uno spazio proprio in cui pensare, riflettere e agire con più consapevolezza. L’affrontare il continuo coinvolgimento mediatico su problemi sanitari ed economici, anche per chi ha la fortuna di non avere sofferenze private, fa cambiare angolo di visuale e priorità: ci avvicina al dolore, ma ci tiene a distanza dalla sofferenza. Questi mesi sono stati anche l’occasione per ripensare all’ambiente, alla necessità di una maggiore attenzione agli sprechi e ce ne siamo accorti nei mesi in cui abbiamo forzatamente dovuto prepararci tutti i pasti a casa. Nella divisione, nel dover mantenere le distanze, ci si è riscoperti comunità, intendendo la stretta interdipendenza tre la persone anche apparentemente lontane, ma che vivono lo stesso territorio e i cui comportamenti hanno effetti su tutti.
Giovani, traino del Paese
Il 2021 vedrà un’evoluzione di questi concetti, trascinata dai giovani, che con forza stanno contaminando tutti noi con nuovi standard tecnologici, nuovi paradigmi di ragionamento e di vita della quotidianità, liberi da tutti i nostri sovraccarichi schemi mentali, e riportandoci a modelli di maggiore semplicità. Sono loro che domineranno la scena: si andrà verso modelli ibridi, verso un periodo di convivenza tra vecchio e nuovo modo di lavorare, di insegnare, di apprendere, di vivere le proprie relazioni sociali, avendo a mente che il cambiamento è irrinunciabile e che si dovrà trovare un compromesso tra il passato e il futuro del nostri comportamenti. Nuovi equilibri quindi, che daranno un diverso volto alle città e ai territori. Molte cose stanno cambiando e altre si stanno affermando; lo smart working, per esempio, si affermerà: non è il lavoro a distanza, ma uno schema organizzativo più complesso e articolato, basato sul ribaltamento delle modalità operative, laddove possibile, non più a tempo ma a risultato, che vedrà schemi flessibili e articolati di processi e business model che richiederanno una revisione delle competenze, degli spazi e delle modalità di formazione. Il cambiamento negli stili di vita, nell’abitare, nel lavorare, nel fare attività fisica, nello studiare muterà i sistemi di trasporto e l’approccio all’accentramento, ai punti di attrazione. Si dovranno riorganizzare i servizi ai cittadini, e molti nuovi sistemi di trasporto, come biciclette e monopattini, si stanno affermando.
La gestione della complessità
In realtà l’apparente semplicità non è semplificazione, ci sarà anzi la necessità di una gestione della complessità. Alcune cose saranno più difficili da realizzare, se si vuole qualità. E serviranno professionalità e attitudini che devono crearsi. Una società complessa dietro una nuova semplicità.