Stem o non Stem?

di Andrea Mallamo

A fronte dell’amletico dubbio di molte ragazze sul percorso di studi da intraprendere, abbiamo interpellato Sandra Coecke, team leader di Farm to fork (dalla fattoria alla tavola) al Centro Comune di ricerche di Ispra, che quest’anno collabora con la rassegna varesina Parola di donna, di cui la nostra testata è media partner, per lo spettacolo Feeling Science

Ci può spiegare, con parole semplici, in che cosa consiste il suo lavoro?

Ho iniziato a lavorare nel 1993 in un’azienda farmaceutica, in Belgio, dove ero a capo del laboratorio dove abbiamo utilizzato nuovi metodi cellulari e tissutali, in modo da evitare di testare sostanze chimiche sugli animali, per vedere se erano corrosivi per la nostra pelle o i nostri occhi. Nel 1996 sono entrata a far parte del Centro comune di ricerca (JRC) della Commissione europea per la convalida di metodi alternativi presso il JRC di Ispra, in Italia, dove ho applicato le conoscenze acquisite presso l’azienda farmaceutica a livello europeo per migliorare la previsione degli effetti tossici delle sostanze chimiche sul corpo umano.

Spesso il lavoro di ricercatore viene visto come solitario… lei invece ha coordinato anche un vasto team, giusto?

Per molti anni ho guidato la Rete Europea di 35 laboratori per la standardizzazione di metodi che utilizzano cellule e tessuti (in vitro) per testare l’effetto tossico delle sostanze chimiche. Grazie a questa rete e grazie all’utilizzo di tecnologie molto avanzate tra cui modelli matematici (in silico), possiamo testare sostanze chimiche tossiche e conoscere meglio alcune malattie, come ad esempio il Covid19. Nell’ultimo periodo, utilizzo tutte queste conoscenze per assicurarmi che il cibo che mangiamo arrivi sicuro nel nostro piatto.

Dal suo punto di vista, c’è un valore aggiunto che le donne possono portare nella ricerca?

La necessità di più donne nella scienza va oltre le questioni di equità ed etica. La ricerca sulle scienze della vita è stata ed è tuttora improntata al genere e le scienziate possono aiutare a evitare pregiudizi nei risultati della ricerca. Spesso la ricerca non considera il genere come una variabile e considera il maschio come la norma. Tuttavia, sappiamo che le differenze di sesso si verificano nel comportamento, nell’esposizione, nell’anatomia, nella fisiologia, nella biochimica e nella genetica, spiegando le differenze tra donne e uomini nelle risposte alle sostanze chimiche ambientali, alla dieta e ai prodotti farmaceutici.

Lo spettacolo Feeling Science, in calendario all’interno della rassegna varesina Parola di donna, vuole “sdoganare” un nuovo linguaggio, che non sia più soltanto scientifico e letterario, ma anche emotivo e teatrale, per raccontare la vita di voi ricercatrici. Perché ha voluto essere tra i promotori di questo progetto innovativo?

Presso il Centro comune di ricerca della Commissione europea abbiamo avviato diverse attività artistiche e scientifiche. Il motivo per cui l’arte è necessaria alla scienza è perché la creatività coinvolge l’immaginazione e l’immaginazione è visualizzazione. La capacità di visualizzare e immaginare determinati processi è importante per risolvere i problemi scientifici. Questo spettacolo teatrale lo vedo come una sorta di esperimento di laboratorio innovativo, fuori dagli schemi, in cui un sistema dinamico complesso è formato da un gruppo di scienziati Stem (le materie tecnologiche e scientifiche, ndr) e non Stem, che provano insieme le emozioni della scienza in ogni cellula del loro corpo.

Intanto, la percentuale di ricercatrici e di ragazze che scelgono le materie Stem rimangono basse… In che modo lei incoraggerebbe una giovane a intraprendere questo percorso?

L’educazione Stem permette di ottenere un’educazione stimolando un’ampia visione multidisciplinare delle cose ed è molto utile per il ragionamento creativo orientato ai problemi. Le donne che hanno seguito un’istruzione Stem, sviluppano abilità specifiche, a volte indicate come pensiero computazionale, che stimolano la risoluzione di problemi logici, creativi e complessi: abilità che i datori di lavoro cercano sempre più in potenziali assunzioni.

Ma, quella della ricercatrice, è una carriera “sostenibile” in termini di opportunità, gender pay gap e conciliazione lavoro-famiglia?

Sebbene negli ultimi 30 anni siano stati compiuti progressi nel migliorare l’accesso di donne e ragazze all’istruzione alla ricerca, i divari economici di genere, ad esempio nella ricerca accademica, sono stati molto più lenti da chiudere. Essendo una ricercatrice e mamma di 3 ragazze (Deia 25, Mira 23 e Afra 15) per tutta la mia carriera ho cercato di unire la mia passione per la scienza con la passione di essere mamma e moglie. Spesso questo ha comportato meno sonno, ma ancora oggi provo tanta gratitudine per i miei genitori, che mi hanno permesso di diventare un ricercatore di scienze della vita Stem.

In foto: Sandra Coecke, ricercatrice team leader di Farm to fork

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