Campione di resilienza [Ascolta il PODCAST]

di Andrea Mallamo

Durante il lockdown, il formatore Gianluigi Bonanomi fornisce preziosi consigli per gli imprenditori, ma anche per conciliare smart working e figli usando la tecnologia come alleato. Leggi l’intervista e ascoltala in versione integrale via podcast

di Chiara Milani

Perdere il lavoro della mia vita è stata la mia fortuna:”. Lo ripete sempre, Gianluigi Bonanomi, formatore aziendale sulla comunicazione digitale per realtà come la Business School del Sole24Ore e la Digital Academy di FastWeb, che racconta: “Ero giornalista professionista, ma sono guarito”. In queste settimane, in cui peraltro in ben altre guarigioni si spera, la sua battuta mi è tornata in mente spesso. Perché la sua carriera è un esempio di resilienza basata sul capitale umano che – in tempi come questi, in cui reinventarsi per molti è e sarà un must – può far riflettere e dare fiducia.

Sono cintura nera di resilienza”, mi risponde ridendo il collega “redento”: “Ne ho passate di tutti i colori. Visto che la rivista di tecnologia per cui scrivevo era passata dalle 250mila copie iniziali alle 15mila del 2012, ho dovuto ricostruirmi una carriera. Ora, di colpo, a fine febbraio mi sono di nuovo trovato a non avere più l’80 per cento del mio lavoro, che era con le persone, facendo formazione ed eventi pubblici. Allora il digitale, che è sempre stato parte della mia vita, è diventato ancora più importante.

Un ruolo più che mai strategico, quello della comunicazione digitale oggi…

Assolutamente sì. Nel mondo in cui non possiamo più uscire e incontrarci, la comunicazione a distanza è diventata la chiave. Il problema è quanto siamo ed eravamo pronti, quanto stiamo adattandoci a questi nuovi strumenti. Penso che, in questo momento, ci siano due categorie di persone. Chi ha più spirito di resilienza è riuscito immediatamente a cogliere il digitale nonostante tutte le difficoltà, nel momento in cui viviamo in un Paese di digital divide, quindi non tutti hanno la fibra, gli strumenti e le competenze. E c’è chi, come sempre, è lì che aspetta, nicchia e cerca di capire. Allora possiamo fare un ragionamento su come la comunicazione digitale possa essere utile a chi è chiuso in casa.

Esatto. In questo momento tirare su il morale è importante, ma diamo anche qualche consiglio pratico…

Ora come ora il digitale è l’unico modo che noi abbiamo per rimanere vicini agli altri, ma soprattutto penso a un’azienda, un libero professionista, una piccola realtà commerciale. Dobbiamo tirare fuori il vecchio assunto secondo cui comunicare è importante, ma non comunicare è già comunicare qualcosa…. di negativo. Invece, cogliamo un’opportunità: tu hai un’attività, in questo momento sei chiuso, non hai la possibilità di vedere i tuoi clienti, ma se tu in questo momento comunicassi qualcosa di positivo e di valore, se tu dessi qualche elemento per risolvere un problema a distanza… Pensiamo a una panetteria: magari non può vendere i prodotti a distanza, ma se fornisse delle ricette per fare il pane in casa? Molti hanno la resistenza, anziché la resilienza, e dicono: “Ma se io faccio le ricette, questi si fanno il pane da soli”. Il che è una follia, perché la gente non ha poi il tempo per farlo, ma tu stai dando loro un valore, un motivo per seguirti… Io credo che il digital marketing non serva a vendere, ma a creare una relazione di fiducia che poi, eventualmente, sfocerà nella vendita.

Tu sei un esperto di LinkedIn

Pre Cororavirus era il mio best seller, adesso si è un po’ fermata la cosa, anche se in realtà molte persone mi stanno chiedendo una mano a distanza per approfittarne per sistemare LinkedIn, che credo sia uno strumento straordinario da tanti punti di vista: come personal branding, per fare networking. Cerchiamo però di piantarla di fare una comunicazione autoreferenziale, perché non se ne può più di gente che va a dire: “Quanto sono bravo… guarda che laurea o che premio ho preso, che bello il mio prodotto o il mio stand”. Con questo bombardamento d’informazioni, io seguo qualcuno che mi dia qualcosa di utile. Dal punto di vista psicologico, evoluzionistico, noi abbiamo la necessità d’investire il nostro tempo per risolvere sempre questo tarlo che abbiamo: che cosa ci guadagno a seguirti? Se mi dai valore, consigli, idee, spunti, trend, se mi racconti che cosa succederà nel mio settore una volta che tutto questo casino sarà finito, io allora ti seguo. Pensare di presentarsi in modo corretto vuol dire comunicare: che cosa faccio, per chi e come. In che modo risolvo i problemi altrui in maniera magari innovativo? Presentarsi così vuol dire costruire il proprio profilo magari a partire dalle proprie esperienze lavorative. Ma sono ancora più importanti i progetti: una sezione che, in LinkedIn, non approfondisce mai nessuno.

Di consigli oggi più che mai hanno bisogno anche molte mamme e papà per conciliare il lavoro a casa. Tu hai un podcast che riguarda i genitori e la formazione digitale. Visto che noi di VareseMese lanciamo il servizio podcast proprio con te, che suggerimenti possiamo dare?

Sì, io ho un podcast su genitorialità e tecnologia. Se volete andarle a vedere, sono tutte puntate libere. Chi può fare smart working ha anche figli che sempre più sono a contatto con la tecnologia, dal tablet, alla smart tv allo smarphone. Bisogna proteggerli con tutta una serie di strumenti di parental control per evitare che, magari in modo involontario, finiscano su contenuti non adeguati. Facciamo un esempio: una volta la mia bambina si è messa a guardare Peppa pig sul suo tablet ed è finita sul trailer di un film abbastanza inquietante, perché ci sono i video correlati. Se noi usiamo alcuni accorgimenti, ciò non succede. Chi ha bimbi magari non sa che esiste la piattaforma Youtube kids, con solo canali protetti. Oppure si possono mettere limitazioni di tempo o, quando possibile, navigare assieme ai figli. Non dobbiamo demonizzare la tecnologia, ma far capire che esistono tante attività belle da fare in famiglia, come i musei che aprono alla visita a distanza o di giochi da fare assieme, come il karaoke in inglese. Noi siamo genitori, non dobbiamo fare i vigili, ma affiancare i nostri figli per far capire loro che ci possono essere pericoli: dobbiamo insegnare che i rischi ci sono, ma devono essere affrontati in modo coerente, nello stesso modo in cui noi spieghiamo come attraversare la strada, invece di chiuderli in casa. Almeno, prima del Coronavirus.

In foto: Gianluigi Bonanomi, digitale per formazione

Ascolta l’intervista integrale via podcast: https://www.spreaker.com/user/12137619/campione-di-resilienza

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