L’ultimo libro di Tiziana Cera Rosco (Collana GialloOro –LietoColle editore) verrà presentato il 21 settembre a Pordenone legge
di Luisa Cozzi
La poesia e l’arte performativa di Tiziana Cera Rosco (Milano, 1973) si fanno catturare e sono catturate a loro volta, sono soltanto per ascoltatori attenti e non per lettori/spettatori distratti. La sua arte necessita di testimoni, intesi non come ‘persone che assistono ad un fatto’, ma come ‘persone che possono far fede di un fatto per averne diretta conoscenza’.
“Il mio percorso è stato pieno di fedi contraddittorie all’apparenza, se si guarda ai linguaggi come a mondi separati”, ci spiega la poetessa e performer: “Solo negli ultimi anni ho sintetizzato cose di me che per altri erano visibili anche prima”.
Cosa significa “Io nasco con la parola e la parola per me nasce”?
Per come sono cresciuta io, la parola con intenzione nasce dal rivolgersi a qualcuno. Da piccola, nella cucina di mia nonna, si masticavano, con il pane, le ripetizioni dei rosari. La cosa più selvatica che ho visto fare a qualcuno. Cose che rimanevano nei denti, le parole dico. Un segreto che muoveva la bocca nel suo linguaggio interno, un dialogo invisibile tra i vivi e i morti. Vuol dire non capire nessuna parola e essere dentro un linguaggio che teneva tutto.
Poesia, fotografia e scultura: l’approdo alla performance. Hai composto 550 calchi in gesso del tuo stesso corpo per evolvere o per ritrovarti?
Quando dico che vengo dalla poesia non dico parole o versi, dico un territorio a cui appartengo. Mi fanno terrore, le parole con cui la poesia a volte assesta se stessa. Capita che le parole si rompano e, se accade, parte del mio corpo va in pezzi. La fotografia è intervenuta in uno squarcio. E’ iniziata una notte, senza preparazione: un fatto selvaggio e senza cultura. E quel fatto ero io. Ho iniziato a fotografarmi. Nelle performance inizialmente lavavo un corpo, senza parole, poi ne sono nate altre di trasformazione. ho iniziato nel bosco, nel posto in cui sono cresciuta, il Lago Barenna nel Parco Nazionale d’Abruzzo. Quando vedevo la figura della mia performance, successivamente, vedevo il mio volto completamente deformato, che mi somigliava di più di quello che porto in giro. Perché il contatto con un linguaggio profondo è sfondante.
Il tuo ultimo libro di poesie svela che siamo tutti dentro ad un enigma che nessuno può risolvere…
“Si chiama Corpo finale. Il corpo non è solo il soggetto di questo libro, ma la relazione tra tutto, la relazione ultima. Il corpo è il linguaggio, non le parole. Con le parole non si accede a qualcosa che mi sta a cuore. Neanche con la visione, di cui il libro sembra pieno. Ho sempre avuto un Tu nella testa, un riferimento non identificabile a cui tornare, alto. Il libro si apre con una poesia di esergo che vorrei come epitaffio e la porto sempre a mente con me.
In foto: Performance Butterfly, Roma 2015 a cura di Lori Adragogna, Galleria Mondadori – ph Ted Redelmeier