La critica d’arte Elisabetta Farioli interpella il collega Mauro Bianchini su come sia cambiato il rapporto tra artisti, galleristi, giornalisti e curatori
“Un tempo pittori e scultori erano persone che emanavano il profumo dell’arte”
E’ un affresco in lento, ma continuo mutare, quello che si percepisce nel mondo dell’arte negli ultimi decenni. Il cambiamento spesso è la giusta conseguenza di progresso ed evoluzione, crescita e coraggio di fare passi avanti. Un processo che può essere intrigante, perché capace di stimolare verso qualcosa di nuovo, diverso; un passaggio delicato, a volte difficile da gestire, anche nei rapporti umani.
Gavetta addio
Il “pianeta arte”, da sempre tra i primi a percepire i sintomi della trasformazione, li ha avvertiti a partire proprio da quei legami “magici” tra artisti, galleristi, critici e curatori. I giovani usciti dalle Accademie non amano più quel sistema che imponeva una lunga gavetta, quella sorta di “pellegrinaggio” da una galleria all’altra nella speranza di approdare in quella giusta.
Nostalgia da critico d’arte
“Oggi gli artisti si presentano ai galleristi, almeno quelli che ancora lo fanno, mostrando le foto delle proprie opere attraverso il telefonino o dal PC, consultando profili Facebook, Instagram o dal sito personale per mostrare lavori, notizie e biografia”, spiega Mauro Bianchini, giornalista e critico d’arte, che prosegue: “Ma può un’opera d’arte essere vista attraverso lo schermo di un cellulare o di un computer, in una circostanza del genere? Un tempo, ricordo, arrivavano con cartelle colme di disegni, lavori e qualche tela (lasciata in auto per l’occorrenza)… erano persone che emanavano il profumo dell’arte”.
C’era una volta il gallerista…
Anche la figura del gallerista si è “adeguata” al cambiamento? “Anni fa conoscere i galleristi era preludio di una lunga amicizia. Ci osservavano per poi avvicinarci per chiedere Cosa ne pensa?”, risponde con nostalgia il critico d’arte, incalzando: “Da lì partiva tutto: il piacere di commentare, condividere, scambiare pareri e riflettere, insieme. Oggi, al di là del fatto che tanti degli spazi espositivi storici che ho frequentato a Milano abbiano chiuso, questo tipo di rapporto non esiste più. Anzi… spesso capita, a noi giornalisti, di non essere nemmeno notati. Ma lo stesso vale anche per i visitatori… Un’accoglienza che definirei tiepida, se non fredda”.
Artisti all’opera
I ricordi di Bianchini, collezionati nella lunga esperienza, si posano poi sugli artisti e con un grande sorriso racconta: “Accadeva che molti personaggi, anche famosi, invitavano i critici negli studi dove, tra una chiacchierata e una confidenza, i pittori o gli scultori mostravano i lavori ai quali stavano lavorando, chiedendo pareri. Erano incontri che spesso si concludevano con una cena, tanto semplice quanto proficua nel consolidare quel rapporto amicale che ancora esiste”. Vedere un artista all’opera mentre fissa sulla tela o plasma nella materia le proprie emozioni, le ossessioni e gli stati d’animo, significa entrare anche nella sua sfera personale, conoscere il suo lato umano. E per un critico sono momenti importanti, utili alla conoscenza di un segno o di una forma.
I nuovi linguaggi
Conclude il nostro interlocutore: “Il cambiamento nel rapporto tra arte e artisti, è sintesi o comunque conseguenza di processi di maturazione, avvenuti nel corso degli anni, frutto di studi e di ricerca. Pensiamo ad esempio all’Arte Povera, al ciclone sollevato con tutte le sperimentazioni sul riciclo e i conseguenti nuovi linguaggi”. L’artista, padroneggiando sapientemente le tecniche acquisite, ascolta i materiali, ne segue la crescita, fino a giungere allo splendido prodotto finale. La sua evoluzione è la grande capacità di reinventarsi non cancellando il passato ma, al contrario, facendone tesoro, quale punto di partenza su cui creare qualcosa di diverso, qualcosa di nuovo.