Le donne, da sempre, sono maestre nella cura. A loro dedichiamo, come da tradizione, il nostro numero di marzo, come buon auspicio per un territorio sotto shock per l’emergenza sanitar
di Chiara L. Milani
Io un po’ li invidio, quelli che pontificano sempre. Quelli che – anche di fronte a un’emergenza sanitaria che ha scioccato un territorio, una regione, una nazionale e il mondo intero – riescono a sparare titoli allarmanti non curandosi del panico generato, quelli che al contrario liquidano la questione come se fosse solo paranoia collettiva, quelli che ci scherzano continuamente su. Quelli che criticano o difendono a prescindere coloro ai quali spetta prendere decisioni da cui dipende la vita altrui. Anche in termini di sopravvivenza economica.
Intervenire sì, stravolgere no
Ecco perché, all’arrivo del Coronavirus in Italia, abbiamo sì smontato parte del giornale che state leggendo rispetto a come era stato pensato, perché molti eventi sono stati cancellati. Ma abbiamo deciso di non stravolgere lo spirito del numero di questo mese, che tradizionalmente – da quando chi vi scrive lo dirige – dedichiamo alle donne.
Mamma, che paura!
Nel momento in cui scrivo l’editoriale, tradizionalmente l’ultimo articolo della nostra testata che viene impaginato, nessuno sa che cosa accadrà quando voi potrete leggerlo. Ma certo un pensiero va, oggi forte più che mai, alle mamme che si sono trovate a lavorare con i figli a casa da scuola, con il dubbio amletico se contribuire a svuotare i supermercati o evitare di fare scorte inutili e, spesso, con tanta paura per i genitori anziani. A queste donne – ma anche a tutte le altre e agli uomini, che noi abbiamo sempre considerato alleati – VareseMese a marzo vuole regalare – dopo o ancora durante l’allarme per la salute, non si sa – un momento di riflessione su tanti altri virus che affliggono la nostra società e la nostra provincia. Ma anche e soprattutto sui vaccini già scoperti o in fase di studio.
La soluzione, più che il problema
Perché questo è quello che ci è sempre interessato: la soluzione, più che il problema. Di qui la scelta di avere come opinionisti nei vari ambiti i massimi esperti che il nostro territorio possa esprimere. Così come la decisione di non disturbare l’infettivologo varesino Paolo Grossi, chiamato durante e l’emergenza nella task force del ministero della Sanità: più di una volta ha scritto per noi, ma in questo caso abbiamo ritenuto giusto lasciarlo lavorare senza sottrargli neanche un minuto. Magari il mese prossimo, quando ci auguriamo che il peggio sia passato, busseremo alla sua porta.
Cura sostenibile
Intanto, quello che mandiamo in stampa – con la consapevolezza che ciò che è stampato rimane – è un numero in cui abbiamo ritenuto giusto concedere il beneficio del dubbio al fatto che certi eventi in calendario si terranno comunque nel Varesotto in un prossimo futuro. Perché oggi più che mai desideriamo, nel nostro piccolo, tenere i nervi saldi. Sapendo che il danno all’economia nel nostro territorio potrebbe fare, a lungo andare, più vittime del Coronavirus stesso. Ma se per sconfiggere la malattia vera e propria possiamo soltanto affidarci agli esperti, almeno ad alleviare le controindicazioni socioeconomiche dovremmo – ognuno nelle proprie possibilità – contribuire tutti. Se non altro, usando il buonsenso. Le donne, nella cura, sono sempre state maestre. E allora speriamo che questa nostra rivista, a loro dedicata, possa essere di buon auspicio.