Mentre la squadra di calcio di Busto Arsizio si avvia alla conclusione del centenario, abbiamo intervistato Patrizia Testa, presidente e amministratore unico
di Chiara Milani
Della Pro Patria – quest’anno più che mai – si ricordano i padri fondatori. Ma un domani la storia dovrà raccontare che, per farle soffiare le 100 candeline, c’è voluta una madre. Una donna che – non ce ne vogliano i papà – ha portato a questo storico traguardo la squadra di calcio di Busto Arsizio con tutto l’amore e la forza (a volte anche della disperazione) che soltanto una mamma può trovare in se stessa. La presidente Patrizia Testa, del resto, si definisce “un’appassionata di calcio che pensa che lo sport tenga lontano i giovani dalle cose brutte che capitano al giorno d’oggi”.
In questa sua definizione intravedo un atteggiamento materno. Sbaglio?
Assolutamente non sbaglia. Io guardo tutti i miei giocatori – dal capitano della prima squadra al bambino – con gli occhi di madre. Ciò anche perché in me era innato il desiderio di avere un figlio maschio. Io ne ho due figlie femmine, che adoro, ma ovviamente questo mio desiderio di gioventù, che mi fu trasmesso da mio padre che pure voleva un figlio maschio, mi ha portato ad averne tanti di figli maschi, Quindi, ogni tanto il mio direttore, che è un uomo di calcio navigato, mi paletta su questi miei atteggiamenti e mi dice: “Signora, non faccia la mamma!”.
Ma il pubblico sembra amarla molto così com’è…
Beh, più che un merito mio, è anche frutto di chi ha vissuto una situazione brutta e oggi vive in un ambiente sereno.
Un risultato non scontato. Abbiamo visto com’è finita a Varese. Eppure lei ha ancora il cruccio degli abbonamenti, che rimangono troppo pochi, giusto?
Già, è il mio grosso cruccio. A volte mi sento un po’ ripetitiva a ribadirlo, ma la mancanza concreta di aiuto si manifesta anche con i pochi abbonamenti. Ovvio che mi tengo stretta le persone fedeli che, per il quinto anno con la mia presenza, hanno rinnovato la tessera. Però è un po’ dura, perché io non sono un’imprenditrice con un’azienda a cui dare visibilità attraverso il calcio. E quando c’è la territorialità di chi dirige è ben difficile scappare. Se nota, quando ci sono situazioni di banditismo nel calcio, quasi sempre si tratta di persone che vengono di fuori. Io ho imparato fin dal primo giorno che devi andare a informarti su come siano veramente le cose. Già io ero partita con il piede sbagliato in minoranza. Ma la situazione che ora mi spaventa, dopo i sacrifici personali che ho fatto, è pensare a che cosa potrebbe succedere nel momento in cui io dovessi dire basta, perché le mie risorse economiche hanno un limite. Lasciando perdere il primo, su cui non voglio tornare, questi sono stati quattro anni di valori e risultati che, con il nostro budget, non so in quanti hanno fatto. Qui c’è passione pura, affiancata ai valori trasmessi attraverso il direttore, che è uno spettacolo di persona e di onestà, il mister e il gruppo dei ragazzi, di estremo valore, più che tecnico, umano e di gruppo.
Ma il centenario non doveva essere un’occasione?
Lo è ancora. Qualche imprenditore del territorio ha iniziato a fare un passo in più, ma c’è chi ancora si maschera dietro il fatto del fallimento e altre scusanti che tanti mettono lì per la non volontà di fare anche piccole cose. Per una città di 85mila abitanti, con un bacino altrettanto grande in Valle Olona, si parla di numeri non grossi. All’inizio ero partita con la necessità di avere soci importanti con cui dividere l’impegno. Speravo in 10 soci della mia stessa volontà, così da avere 10 anni di progetto, ma ne ho già 4 compiuti da sola… non penso che si possa pretendere più di tanto dalla sottoscritta. Io dico grazie agli sponsor attuali e a chi entrerà ancora nel nostro cerchio per fare tondo lo 0 del 100.
Il calcio è da sempre uno sport maschile, ma la Pro ha anche tante tifose…
Io, le mie figlie, mia sorella, ma anche le donne in tribuna e ora un po’ di ragazze insieme agli ultras, che portano più tranquillità, perché io dico sempre di lasciare fuori il razzismo e in generale la politica dagli stadi. Tenga conto che, rispetto all’anno scorso, considerando che abbiamo diminuito il numero di quelli omaggio, abbiamo registrato un centinaio di abbonamenti in più, pari a circa il 20%, arrivando attorni ai 500, e la maggior parte di quelli nuovi sono proprio donne e giovani under 20, per cui abbiamo fatto dei pacchetti speciali.
Ma in un ambiente prettamente maschile, ha incontrato difficoltà come leader donna?
Dopo il primo anno disastroso, anche sotto l’aspetto umano, ho tenuto soltanto 5-6 persone dello staff. Le altre sono tutte nuove e problemi non ne ho. Neppure con i calciatori, almeno apertamente. Del resto, da quando sono diventata presidente, nel 2016, penso di aver dimostrato che quello che dico, oltre a quello che scrivo, viene sempre mantenuto. Loro sanno che qui si vive di qualcosa in meno, ma di certezze e di serietà. Più che altro dunque la situazione magari si fa difficile fuori, quando vado da avversaria in certe realtà. L’ho detto a chiare lettere anche al presidente di lega: si colpiscono gli ultras, anche giustamente in molti casi, ma a volte bisognerebbe colpire i vertici delle società che hanno atteggiamenti non consoni per chi gestisce una squadra sportiva, uomini o donne che siano.
Il suo sogno?
Guardi, io sono entrata in questo stadio a 4 anni con mio padre ed è stato come per un bambino andare per la prima volta al luna park. Giocavano l’amichevole Pro Patria-Juventus e da allora sono queste sono le mie due squadre del cuore. Persino le giubbe dei fantini della mia scuderia hanno i colori biancoblu. Mi piacerebbe arrivare a un salto di categoria con anche un po’ la mia presenza. Ma da sola non lo posso fare.
In foto: La presidente Patrzia Testa