LA PAROLA ALLE DONNE

Team al femminile per la quinta edizione della rassegna varesina in rosa

di Redazione Varese

 

“Le donne hanno ancora bisogno di far ascoltare la propria voce”. Ad assicurarlo è chi, la voce, la sa usare – bene – per mestiere: Cristina Barzi, cantante e attrice con una carriera divisa tra Varese, dove è nata e dove ora è tornata ad esibirsi grazie al 67 Jazz Club Varese e a tenere tre proposte di formazione per adulti e bambini a Varese Corsi, Roma, dove ha insegnato alla scuola Corrado Pani diretta da Pino Insegno, New York, dove ha studiato anche la vocal coach di Nicole Kidman in Moulin Rouge, e Berlino, dove si è a lungo esibita. 

“E’ curioso che, pur in una società moderna, libera tra virgolette, le donne debbano ancora chiedere di avere una parola, di essere ascoltate”, commenta Barzi, che fa parte del team di quattro artiste varesine che nel 2024 affianca la storica direttrice artistica Franca De Monti per la quinta edizione della rassegna Parola di donna. Oltre alla cantante, la squadra al femminile è composta da Francesca Alberti, artista circense, Daniela Morelli, scrittrice e drammaturga, e Alessandra Premoli, regista lirica. 

Qual è il riscontro di questa edizione di Parola di donna? 

Il debutto è stato da tutto esaurito, con ovazione e pubblico in piedi che applaudiva, quindi è stato molto apprezzato dal pubblico varesino che è molto interessato alla cultura.

Ma ci sono uomini in sala? Oppure le donne si parlano sempre tra loro?

Ci sono anche tanti uomini. Più donne, ma anche tanti uomini.

Fa riflettere il fatto che anche al giorno d’oggi ci sia bisogno di affermare le parole delle donne… Visto che hai una carriera internazionale e la tua “residenza artistica” è in Germania, pensi che sia un’esigenza che esiste anche lì oppure siamo noi che siamo indietro?

C’è ancora bisogno anche all’estero. A Berlino forse le donne sono un pochino più avanti, sono un pochino più rispettate, ma nel campo artistico, perlomeno musicale, diciamo che non cambia tanto rispetto all’Italia. È un pochino meglio, anche se la femminilità in Germania è un po’ mortificata. Per la mia esperienza vedo che la femminilità in Italia è ancora, come dire, parte di un valore culturale che è giusto mantenere. 

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