Marco Introini, floral designer gallaratese che insegna alla Fondazione Minoprio, parla delle potenzialità della nuova generazione di studenti
“Se stimolati correttamente, i ragazzi sanno raggiungere obiettivi anche ambiziosi”
di Marco D. Introini
Appassionare, coinvolgere, stimolare, solleticare la fantasia e la creatività… non lasciamoci fuorviare dall’opinione comune che vuole gli adolescenti troppo distratti dai social e troppo annoiati: nella mia esperienza scolastica da docente, riscontro che la generazione Z sia oltremodo bombardata da informazioni di ogni genere e sovrastimolata all’eccesso, ma questo ha portato i giovani a scegliere i loro modelli di riferimento, puntando senza indugio verso coloro i quali riescano a trasmettere l’intangibile. Ovvero, non la semplice conoscenza e tecnica, ma la passione che invece stimola a crescere e a cercare sempre il meglio.
Il prof. Schettini insegna
L’esempio più concreto e conosciuto di tutti credo sia il professor Vincenzo Schettini, che è riuscito a trasformare l’apprendimento della fisica, che a scuola ho trovato sempre interessante ma noiosa, in qualcosa di estremamente coinvolgente ed accattivante conquistando una fetta di pubblico enorme.
Quando sboccia la felicità
In questi anni ho partecipato a un sacco di progetti formativi, che hanno coinvolto alunni dalle scuole primarie sino all’università, come gli eventi del Fascination of plant day (che ormai ha cadenza biennale), e diversi altri. Una mia collega molto empatica con i bimbi, all’inizio delle lezioni chiedeva loro a cosa associassero il fiore, e la risposta quasi sempre era la medesima: “Felicità”. Ebbene questo sentimento che da piccoli ci è molto più evidente, col tempo non è che si sopisce, ma emerge ogni qualvolta ci si trovi a manipolare qualcosa di vivo come i fiori. Così capita che, creando composizioni con i fiori, ragazzi e ragazze si lasciano trascinare dalle emozioni che l’arte floreale porta con sé. In effetti noi fioristi abbiamo più o meno tutti la presunzione di fare il lavoro più bello del mondo, perché unisce alle competenze artistiche e all’estro innato, la bellezza di lavorare con elementi della natura.
Dalla teoria alla pratica
Un’altra cosa di cui i giovani hanno bisogno a mio parere, è non la semplice didattica fine a se stessa, ma l’esperienza sul campo unita a una discreta dose di autonomia: per questo, quando faccio loro realizzare simulazioni di eventi o li faccio partecipare a iniziative reali (come fiere e manifestazioni tematiche), arrivano a mettersi in discussione con risultati che talvolta mi lasciano a bocca aperta. Quindi, per favore, non etichettiamo le nuove generazioni accusandole di distrazione e apatia: loro sanno scegliere molto meglio di noi boomers (mi ci metto pure io). Semplicemente, non si accontentano di un approccio troppo nozionistico, fine a sé stesso, non accettano formatori non motivati e, se stimolati correttamente, sanno raggiungere obiettivi anche ambiziosi.
Formazione continua
Considero importante premiare più i loro progressi che non il raggiungimento della perfezione, perché rafforza in loro una mentalità di crescita e di apprendimento continuo, che non si conclude al termine del corso, ma che invece si perpetua nel tempo, portando a migliorarsi e a mettersi continuamente in discussione. Quest’ultimo è un concetto che invece la mia generazione spesso non riesce a fare proprio: ho colleghi che hanno la presunzione di sentirsi arrivati e al top della carriera, ma sono anni che non cambiano il loro metodi di lavoro o che non fanno aggiornamenti. Un buon professionista di 30 anni fa non è più al passo con i tempi ora: le dinamiche sono troppo veloci, le tecniche anche in campo floreale sono in continuo cambiamento e la formazione continua è dunque ormai una necessità.
La parte migliore della società
Detto ciò, credo e ho fiducia nei giovani perché sono la parte migliore e più dinamica della società e sono il nostro futuro più prossimo. Mica soltanto con i fiori.