Silvia Polleri a TEDx Varese
La presidente di Catering ABC ha riscosso molto interesse con lo speech sul suo progetto, unico al mondo, di un ristorante in carcere a Bollate, nell’Alto Milanese
“La recidiva nel nostro carcere è del 17, anziché il 70%”
di Chiara Milani
E’ la prima persona al mondo ad aver aperto un ristorante all’interno di un carcere. Già Ambrogino d’oro a Milano, Silvia Polleri di recente è stata una degli speaker dell’edizione 2022 di TEDx Varese. Dove ha dato alla platea il benvenuto InGalera, dal nome dell’attività di ristorazione che conduce con i detenuti nella casa circondariale di Bollate. Dove, oltre a mangiare in un luogo con ottime recensioni, con grande spirito d’ironia i clienti sono invitati anche a cene con delitto e sono accolti da pareti su cui spiccano locandine di film che parlano di fuga.
Vuole innanzitutto ricordarci quella che ha definito una “proposta indecente” che le arrivò 20 anni fa?
L’ho definita proprio così perché sentirsi chiedere se si vuole aprire un catering dentro una prigione insieme a dei detenuti in esecuzione di pena e portare fuori il lavoro è una proposta decisamente indecente. Contemporaneamente è anche una proposta che ti solletica perché si trasforma in una sfida. Così è stata un po’ per me.
Lei peraltro aveva esperienza nel settore…
Sì, io avevo un passato di 22 anni quale educatrice di scuola materna nei quartieri disagiati delle periferie milanesi ed ero stata persino a fare un servizio civile in Uganda e poi 10 anni prima avevo aperto un catering, perché la ristorazione è una malattia che si comincia da bambino e ti entra nelle vene.
Ecco, lei sicuramente l’ha contratta dodicenne in cucina con la nonna e poi l’ha portata avanti fino appunto a contagiare anche i detenuti del carcere di Bollate…
Io ho definito l’amore per l’arte della cucina addirittura una forma di tossicodipendenza, perché è un lavoro che ti porta tanta passione, ti risveglia tutti i cinque sensi: colori, profumi, sapori, odori e poi una delle manifestazioni più alte per l’essere umano è accogliere l’altro, accogliere l’ospite. Ecco perché mi accorsi subito, cominciando a lavorare in carcere con persone in esecuzione di pena, che era un discorso funzionale per chi aveva trasgredito le regole era un lavoro adatto, perché impone un grande rispetto di regole, ma in un ambito di grande piacevolezza e infatti i risultati.
Vogliamo ricordare qualche numero?
Nell’istituto di Bollate, dove si applicano molto le misure alternative alla carcerazione, la recidiva, che sul territorio nazionale del 70%, che è un numero scandaloso, scende sotto il 17% e questo dato si salda al numero di persone, circa 300, che tutti i giorni escono a lavorare, mentre la società esterna non lo sa neppure.
Ecco perché, dal catering con i detenuti vestiti di tutto punto da camerieri, è passata addirittura ad aprire, nel 2015, il ristorante InGalera, da dove sono già passati 80mila clienti. Quindi, da un “non luogo”, come lei ha definito la casa circondariale a TEDx Varese, voi avete creato non soltanto un luogo, ma addirittura una comunità di persone che davvero vuole riscattarsi, ricostruirsi attraverso l’esperienza in carcere, quindi che può avere un lavoro quando esce, come premessa di un vero reinserimento sociale. Corretto?
Il non luogo diventa nel momento in cui il carcere, che è un posto in cui tutte le persone che hanno le trasgredito le regole, diventa un luogo in cui la persona perde ogni possibilità di decisione, di autodeterminazione perché non dimentichiamo che ci sono piccole e grandi afflizioni. Così, quando una persona uscirà privata di ogni potere decisionale, non sarà certo una persona reinserita. Anzi, sarà una persona molto arrabbiata, che saremo riusciti a farla diventare una vittima, quando in realtà è lui che ha generato proprio delle vittime. Ma le afflizioni che lui ha subito gli avranno evitato di concentrarsi a pensare alle vittime e quindi di fare un percorso di revisione del suo reato.
In foto: Silvia Polleri a TEDx Varese