Massimiliano Serati e Federica Sottrici, ricercatori dell’Osservatorio Travel della Liuc di Castellanza, ci parlano dell’indelebile impronta leonardesca a Milano, oggi calamita per turisti da tutto il mondo
C’è una Milano meno nota, dal volto acquatico. A plasmarlo fu niente meno che il genio di Vinci di cui, nel 2019, ricorrono i 500 anni dalla morte. Per omaggiarlo, quello in corso è stato proclamato L’anno di Leonardo. Un’occasione importante per ricordare il suo legame col territorio lombardo e per riflettere su come valorizzarlo al meglio.
Genio al lavoro
Nei suoi vent’anni lombardi, Leonardo lavorò e studiò non soltanto a Milano, ma anche Vigevano e Pavia, lungo il corso dell’Adda e della Martesana, sul Naviglio Grande e nelle valli lombarde. Da sempre interessato alle opere idrauliche e all’acqua, grazie al suo senso artistico, naturalistico ed ingegneristico, cominciò ad apportare il suo contributo al progetto dei Navigli nel 1482 quando, appena giunto in Lombardia, fu incaricato da Ludovico il Moro di studiare un sistema per permettere la navigazione dal lago di Como fino alla città meneghina. Fu allora che Da Vinci progettò il sistema di chiuse per ovviare al problema del dislivello dei terreni e rendere così possibile la navigazione, dando inizio allo sviluppo dei Navigli che, grazie alla costruzione di canali e dighe, diventarono un’importante infrastruttura di comunicazione per Milano. Anche grazie a draghe e ponti, sempre frutto dell’ingegno vinciano.
Lungo le vie d’acqua
Ma che cos’è rimasto di queste opere? Dell’antico sistema restano oggi visibili soltanto il Naviglio Grande e quello Pavese, collegati dalla Darsena, e il Naviglio Martesana. Tutti sono caratterizzati da un vasto patrimonio culturale e architettonico costituito dalle residenze dell’aristocrazia lombarda, dai manufatti idraulici, dai lavatoi, dalle cascine e dai borghi, dagli edifici religiosi e dagli elementi di archeologia industriale.
Tra movida e scorci retrò
Negli ultimi vent’anni gli antichi canali sono diventati il cuore del divertimento notturno milanese, ma ora è tempo di riscoprire un patrimonio lombardo unico. La navigazione lungo queste vie d’acqua è infatti una testimonianza di come la Lombardia non sia sinonimo solo di turismo business, ma anche di cultura, tradizioni, gusto, arte, storia, natura e relax.
La grande sfida di questo sistema è quella di integrare la grande mobilità di autostrade, aeroporti e ferrovie con una fatta di navigazione e cicloturismo. I Navigli sono stati valorizzati da piste ciclabili che permettono di proseguire la navigazione dei canali in bici o in carrozza, alla scoperta di sentieri naturalistici e storici. Lungo il tragitto i turisti possono sostare in uno dei tanti ristoranti in cui gustare i piatti della tradizione lombarda e sorseggiare vini locali. In questo percorso, il visitatore viene proiettato in un susseguirsi di scorci di una realtà retrò: case di ringhiera, laboratori artigianali, antichi lavatoi coperti da tettoie su travi di legno. Le offerte turistiche spesso includono visite a musei, ville storiche, chiese o abbazie. Le attrazioni culturali si intersecano, inoltre, con i numerosi reperti di archeologia industriale, nuovo volto del patrimonio del territorio, richiamando così i viaggiatori interessati alla conoscenza dello stile di vita e di produzione dell’area.
La Milano dall’andamento lento
Leonardo, dunque, non ci ha lasciato soltanto una raffinata opera di ingegneria idraulica, ma una preziosa eredità turistica, da valorizzare attraverso uno sviluppo sostenibile, fortemente orientato alle tematiche ecologiche e al turismo lento.
In foto: Alzaia Naviglio Grande, 1969, Ph Virgilio Carnisio – Afi