Il filo della storia

Da Kyoto a Busto Arsizio

di admin

Il patrimonio industriale tessile sempre più riscoperto dal mercato turistico: a spiegarlo è Niccolò Comerio, direttore del Responsible tourism lab della Liuc Università Cattaneo, che parla delle perle del nostro territorio

di Niccolò Comerio

Quando si pensa al turismo siamo tutti pronti a citare arte, cultura, storia, enogastronomia ed eccellenze naturalistiche, di cui il nostro paese è certamente ricco. Meno comunemente, però, si riflette sul patrimonio industriale, che sta emergendo come una delle nuove frontiere del mercato turistico, tanto a livello locale quanto internazionale.

Turismo industriale, nuova nicchia

Il turismo industriale si sviluppa a partire dagli anni Cinquanta, sia con il recupero di quel che rimaneva di edifici destinati ad attività produttive ormai dismesse sia con la fondazione dei primi musei d’impresa. Successivamente, si è progressivamente accresciuta la consapevolezza di includere queste risorse nel concetto più ampio di patrimonio culturale. Il turismo industriale, infatti, oltre a essere un’occasione per visitare in prima persona gli impianti attivi e non più utilizzati, consente di andare alla scoperta delle tradizioni produttive dei territori nei loro molteplici aspetti, compresi quelli che in passato sono stati trascurati o scarsamente considerati. come le conoscenze artigianali, le tradizioni ancestrali e, appunto, la cultura industriale.

Fenomeno in crescita costante

Secondo i dati di una recente indagine condotta da Nomisma per conto di Museimpresa, circa 5,8 milioni di turisti italiani hanno visitato un museo d’impresa, un archivio storico aziendale o un luogo d’archeologia industriale negli ultimi quattro anni. Questi turisti sono mossi prevalentemente dal desiderio di comprendere meglio cosa si celi dietro agli oggetti più iconici del Made in Italy, nonché di conoscere la storia delle imprese, con l’arte e il design ad esse correlati, e di sapere quali siano i rapporti tra industrie e territori. Tra i musei più frequentati occorre annoverare quello della Ferrari a Maranello, seguito dal Villaggio Crespi d’Adda in provincia di Bergamo, dal Museo storico Alfa Romeo ad Arese, dal Museo Lavazza a Torino e dall’Archivio Storico Olivetti a Ivrea.
Anche l’Unione Europea guarda al patrimonio industriale e al turismo ad esso connesso, al fine di presentare nuovi prodotti e differenziare l’offerta. Ma non solo: c’è un altro importante obiettivo dichiarato, ovvero quello di contribuire alla ripresa economica nelle regioni colpite dal declino postindustriale.

La nicchia nella nicchia: il turismo tessile

Definibile come una forma di viaggio che si focalizza sull’esplorazione e sull’esperienza delle attività connesse alla produzione di tessuti, il turismo tessile offre un’opportunità unica per scoprire le radici storiche e culturali del settore tessile in tutto il mondo.
Dalle antiche botteghe di lana delle Highlands scozzesi, passando per Kyoto, celebre per la sua maestria nella produzione del kimono, fino alla vivace città indiana di Varanasi, nota per i suoi saris di seta intessuti a mano e le sue secolari tradizioni tessili: ogni angolo del globo racconta la sua storia attraverso fili e colori, offrendo agli appassionati del turismo tessile un’esperienza indimenticabile.
Il turismo tessile, inoltre, svolge un ruolo cruciale nella preservazione delle tradizioni: le visite alle fabbriche tessili e ai laboratori artigianali, infatti, non solo forniscono ai visitatori un’esperienza educativa, ma consentono anche di sostenere le attività e le economie locali, contribuendo alla conservazione delle tecniche tradizionali di tessitura e lavorazione dei tessuti.

Il fiore all’occhiello

In un quadro caratterizzato da una crescita costante del turismo industriale (e tessile), il nostro territorio non sta a guardare, dimostrandosi anzi all’avanguardia in questa promettente nicchia di mercato. L’eredità lasciata dalla locale industria tessile è oggi raccolta all’interno del Museo del Tessile e della Tradizione Industriale, situato nell’edificio che ospitava il reparto filatura del Cotonificio Carlo Ottolini, un esempio importante di archeologia industriale della città e dell’intera provincia. A dimostrazione della qualità delle collezioni esposte, nel 2020 il Museo è stato inserito all’interno della “Guida al turismo industriale”, realizzata da Jacopo Ibello per Morellini Editore, che si prefigge l’obiettivo di portare i lettori e le lettrici alla scoperta di città, siti, musei e fondazioni riconducibili alla civiltà industriale del nostro Paese.

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