Realtà virtuale e aumentata in azienda. L’edizione 2018 del Busto Arsizio Film Festival ha portato in piazza l’ultima frontiera dei video, con immagini a 360 gradi e visori. Soluzioni d’avanguardia che stanno già trovando applicazione in settori come meccanica, edilizia, medicina, commercio e turismo. Con i primi casi anche nel Varesotto
di Chiara Milani
Chi ha visto Minority Report, non può non ricordarsi Tom Cruise che comanda il computer muovendo le mani davanti a uno schermo gigante. Che quella tecnologia – fantascientifica nel 2002 – sia poi stata inventata, ormai si sa. Quello di cui forse però finora non ci si è resi conto è che la novità è già entrata nelle nostre aziende. Non soltanto nella Silicon Valley. Ma anche qui, in provincia di Varese.
A confermarlo è Gabriele Tosi, fondatore e presidente onorario del BA Film Festival, nonché direttore artistico del Multimedia festival Mibart, dedicato appunto alle nuove frontiere di video e dintorni: “Le aziende del territorio non sono nuove a questo tipo di dinamiche, perché si tratta di strumenti utili per loro. So che, dopo il Baff, alcuni imprenditori hanno fissato incontri con chi se ne occupa”. In occasione della kermesse cinematografica, infatti, a Busto Arsizio sono arrivati un’azienda parmigiana e un regista ligure, che ha peraltro già sviluppato un video a 360 gradi per l’azienda di Saronno che produce il noto liquore.
In attesa che all’Istituto cinematografico Michelangelo Antonioni venga attivato un insegnamento “ad hoc”, c’é infatti anche chi si è già mosso. Parlando della realtà virtuale, ossia quella simulata con un ambiente tridimensionale, a spiegarlo é sempre Tosi: “So che due aziende meccaniche l’hanno già affrontata. Per esempio, chi fa impianti la utilizza per capire meglio se, una volta realizzato, quanto progettato corrisponda davvero alle richieste del cliente. Attraverso i visori, un’impresa che lavora per realtà farmaceutiche fa provare a muoversi negli ambienti proposti. Chi va nelle fiere con grandi installazioni, può portarne soltanto una e mostrare le altre in questo modo”.
C’è poi la realtà aumentata. Cioè la tecnica attraverso cui si aggiungono informazioni alla scena reale attraverso uno schermo semitrasparente che mostra grafica e testi, aprendo i file con un gesto della mano. Proprio come nel film di Steven Spielberg. “So che un’azienda Busto l’ha comperata, anche se non so per che cosa l’abbia usata”, prosegue l’esperto.
Del resto, le applicazioni di queste soluzioni d’avanguardia possono essere diverse. Pensiamo infatti anche alle esigenze di formazione dei dipendenti: “C’è un manichino da vestire con scarpe, guanti, casco e il resto dell’antinfortunistica. A furia di farlo, uno poi se lo ricorda. E poi ci sono cose più delicate. Quando si tratta d’interventi complessi su impianti ad alta tensione è fondamentale non sbagliare. Si può fare il training utilizzando la realtà virtuale, in cui vedi le tue mani, puoi prendere le cose e provare il ciclo più volte e con diversi livelli di complessità, in cui vengono date sempre meno istruzioni, e se sbagli ti viene segnalato”.
Gli antesignani furono un po’ gli aviatori, con i simulatori di volo. Tipo i modelli evoluti presenti a Volandia che, muovendosi su tre assi, danno davvero la sensazione di essere su un aereo. E a proposito di musei, a Busto Arsizio ha appena aperto una startup che si occupa proprio di fornire queste nuove possibilità di fruizioni museali. Come visitare i fori imperiali passeggiando per l’antica Roma.
In un territorio ricco di piccole aziende, naturalmente, la questione del costo è cruciale. Tosi assicura però che non è proibitivo: “L’entry level ha un costo del tutto accessibile. Bisogna contattare un operatore del settore. Fare una chiacchierata orientativa. La BA Film Commission può aiutare a capire che cosa può essere utile per propria azienda… per il primo step può volerci qualche migliaio di euro”.
Al di là delle questioni economiche, resta comunque quella – diciamo così – morale. Che poniamo al nostro interlocutore. “Il cinema ci ha mostrato i possibili rischi, per esempio in Matrix o Ready player one. E il boom si avrà probabilmente quando questa nuove realtà saranno utilizzate per il porno, con tute particolari. Ma io non credo che tutto ciò possa comportare una fuga dalla realtà”, ci risponde: “Da sempre l’uomo ha bisogno di evadere immergendosi in altre storie, per esempio commuovendosi o spaventandosi davanti al grande schermo. Così come ora al cinema di tappi le orecchie, poi potrai toglierti il visore”. Tosi dunque non teme il pericolo che, così facendo, l’uomo abbia bisogno di un visore per vivere: “Penso che queste possibilità siano un’espansione delle capacità sensoriali dell’uomo, un potenziamento. Poi, qualsiasi cosa dipende da come la usi. In fondo, se ci si interroga veramente su che cosa sia la realtà, ci si rende conto che in definitiva non è vero che quello virtuale non è un mondo reale”. Ma qui sconfiniamo nella filosofia. E, per dirla sempre come in un film, questa è un’altra storia e andrà raccontata un’altra volta…
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L’utilizzo di oggi…
Dallo sportello virtuale di una banca alla start up medicale sarda rivolta ai baby pazienti per far loro vivere una bella favola dal dentista o durante la chemioterapia. Dall’App della grande catena di mobili per vedere il mobiletto nella propria casa alla marca di vestiti sportivi con la gente in fila davanti al negozio per vivere l’esperienza di attraversare controvento un ponte tibetano
…e quello di domani
Per assurdo, realtà virtuale e aumentata sono per ora poco usate per lo storytelling: video, film, racconti. “Per sviluppare un linguaggio in tal senso ci vorrà ancora un decennio”, ipotizza Gabriele Tosi. Prima, infatti, bisognerà risolvere alcune questioni, tipo come associare il movimento visivo a quello corporeo, evitando così il senso di nausea di cui soltanto i giovani abituati ai videogiochi sembrano non soffrire.