SOGNI IN LUCE

Un viaggio nel surrealismo e nell’anima: Erika Zolli, artista del Fine Art, intreccia filosofia, sogno e geometria, creando opere che catturano l’invisibile dal suo rifugio sul Lago Maggiore.

di Redazione VM

Erika, chi sei e qual è la tua storia?
Sono una fotografa specializzata in Fine Art. Sono nata a Milano, dove ho vissuto durante gli anni universitari, immersa negli studi di Filosofia e Scienze Cognitive. Qualche anno fa ho scelto di trasferirmi sul Lago Maggiore, un luogo che ha trasformato il mio modo di vedere e creare. È stato durante gli studi che ho scoperto la fotografia: mi affascinava l’idea di usare la macchina fotografica per esplorare l’essere umano, la sua realtà conscia e inconscia, traducendo tutto questo in immagini. La mia arte nasce da lì: creare mondi surreali che, pur essendo frutto di finzione, rivelano verità invisibili. Il Lago, con i suoi silenzi e le sue luci, è diventato una fonte inesauribile d’ispirazione, un riflesso perfetto per i miei pensieri.

In cosa consiste esattamente la fotografia Fine Art?
La fotografia Fine Art è arte pura, libera da scopi pratici o commerciali. Non si limita a documentare la realtà, ma la supera, trasformandola in qualcosa che colpisce l’anima. È un processo creativo che parte da un’idea, un’emozione, e si concretizza in immagini capaci di evocare significati profondi. Per me, è un modo di dare forma al sogno, di rendere visibile ciò che spesso resta nascosto agli occhi.

In molte tue fotografie hai utilizzato la tecnica dell’autoritratto. Che importanza ha nel tuo percorso artistico?L’autoritratto è una porta verso l’interiorità. Quando mi metto davanti all’obiettivo, non controllo semplicemente l’immagine: lascio che sia il processo creativo a guidarmi, che sia l’inconscio a parlare attraverso il linguaggio dell’arte. È un dialogo intimo, a volte spiazzante: mi allontano da me stessa per guardarmi da fuori, come se fossi un’estranea, e in questo movimento cerco di riconoscermi. La critica ha notato come i miei autoritratti creino una “zona di cecità” che disorienta e affascina, permettendo di scavare nel profondo. È un atto di vulnerabilità e forza insieme, un modo per esplorare l’ignoto che abita in me.

Cosa rende uniche le tue immagini secondo te, e come è cambiato il tuo stile nel tempo?
Credo che il mio lavoro si distingua per il modo in cui intreccio surrealismo e poesia visiva, creando scenari che oscillano tra realtà e sogno. Uso la luce, il colore e la geometria per costruire un’atmosfera ipnotica, come hanno scritto in molti. Col tempo, il mio stile si è evoluto: se prima cercavo il surreale in costruzioni elaborate, come in “Surreal Arabesque”, dopo il Covid ho sentito il bisogno di un approccio più essenziale. Progetti come “Metamorphosis” riflettono questa svolta: meno elementi, più introspezione, un dialogo silenzioso tra il corpo e lo spazio. È una crescita naturale, guidata dalla voglia di scavare oltre la superficie.

Il prossimo progetto?
Sto lavorando a un progetto sul femminile, visto come simbolo di forza, magia e mistero. Voglio esplorare la donna non solo come soggetto, ma come energia che trasforma e rigenera. Sarà un viaggio tra autoritratti e figure femminili immerse in scenari essenziali, dove la natura e la geometria si fondono per raccontare questa potenza nascosta. Dopo le mostre recenti, come quella al Sacro Monte di Varese, sento che è il momento di dare voce a questa visione.

Tutte le foto di Erika sono in vendita, stampate in edizioni limitate. Chi è interessato all’acquisto può contattarla tramite il suo sito www.erikazolli.it.

 

Articoli Correlati