Annalisa Corbo, psicodrammatista, appassionata Live action role play, é esperta di come progettare giochi di ruolo educativi. Il collega game designer di Busto Arsizio, Luca Borsa, l’ha intervistata per noi
di Luca Borsa
Annalisa Corbo é una grande appassionata di gioco e in particolare di quello dal vivo: come nasce questa passione e come é stato possibile trasportarla nel lavoro?
Sono una giocatrice di ruolo da quando, all’inizio degli anni Novanta, giocavo a Dungeon and Dragons al liceo. Dopo la laurea in psicologia, iniziai a dedicarmi al Larp (Live Action Role Play), decisi di sperimentare il gioco di ruolo dal vivo perché desideravo un coinvolgimento anche corporeo nel gioco. Ho maturato l’idea che nel Larp entravano in gioco dimensioni individuali di coinvolgimento emotivo e sociale, che sentivo estremamente potenti. Così decisi di lasciare il lavoro nella comunicazione, iscrivermi a una scuola di psicoterapia per dedicarmi alla clinica con il preciso intento di approfondire questo filone: scelsi infatti una scuola di psicodramma classico, la metodologia fondata sulla teoria e la filosofia di Jacob Levy Moreno, primo codificatore del role-play educativo. Ho iniziato a frequentare collettivi creativi e mi sono trovata a lavorare alla creazione di giochi di ruolo di ambientazione storica e in questi ho davvero avuto la misura del potenziale educativo, oltre che catartico, di questa esperienza. Concentrandomi su questo ho collaborato con l’ufficio scuola di Emergency, per il quale ho creato con altri un larp per le scuole (Missione Medea) e per la formazione degli operatori. Sono psicologa e psicoterapeuta, ma mi piace di più definirmi psicodrammatista, perché quello è il mio metodo di intervento, oltre che il mio metodo di vita: mi piace giocare ruoli sempre diversi anche nel privato, quando mi cristallizzo non mi sento più io. Insomma, non smetto mai di giocare di ruolo.
Ha trattato il tema Adolescenti in gioco: ci vuoi raccontare le tue esperienze a riguardo e quali consigli possiamo dare a genitori ed educatori?
Adolescenti in gioco è un articolo che è stato scritto a quattro mani con Matteo Miceli, compagno di gioco oltre che di vita, nato da un’esperienza formativa in cui abbiamo fatto giocare due classi di terza superiore a un edu-larp storico. Ci eravamo chiesti: qual è il periodo meno interessante della storia? Entrambi concordavamo con la prima crociata. Andando ad approfondire non lo era affatto e l’idea di creare dei personaggi da far giocare ai ragazzi per coinvolgerli nello studio e farli divertire, è stato interessante e il gioco li ha appassionati. Abbiamo anche raccolto dati di gradimento e la cosa fondamentale è il fatto che i ragazzi si sono coinvolti nella tematica storica, perché si sono divertiti a interpretare un personaggio altro da sé. La riflessione che facciamo nell’articolo è proprio legata al concetto di motivazione intrinseca, la più efficace nello studio e nella vita, svincolata dal rinforzo del premio e dalle punizioni, ma che si insedia nella persona. Il gioco favorisce proprio questa motivazione nei ragazzi. Quindi il consiglio agli educatori e ai genitori è quello di trovare il modo, a loro più consono, di giocare con la loro utenza. Ci sono molti modi di farlo: la vita stessa, nelle sue danze relazionali, è una giocosa dinamica.
Come vede invece i bambini di oggi nel rapporto con la creatività e la fantasia, in riferimento anche a come si rapportano con il futuro?
E’ difficile non cadere nell’euristica della disponibilità e quindi non parlare della propria percezione in base alla propria esperienza personale. Parimenti a ciò è impossibile poter scindere dalla risposta nello specifico, la nostra condizione sociale e di vita degli ultimi due anni: una condizione di limitata libertà, che non ha tenuto conto delle esigenze sociali e ludiche dei bambini e dei ragazzi. Il legame tra fantasia, fiducia, socialità, creatività e gioco è un tema che da sempre sta alla base della psicologia dell’età evolutiva, a partire da Winnicot, che affermava che la capacità di giocare in maniera creativa permette al soggetto di esprimere l’intero potenziale della propria personalità,
I bambini oggi, come sempre, sono un concentrato di “presente”, vivono il “qui ed ora” e sono meno portati degli adulti a proiettarsi nel futuro o nel passato. Immaginate come negli ultimi due anni il quadro di restrizioni sociali che ci siamo trovati a vivere abbia influito sui ragazzi e i bambini. Fortunatamente la tecnologia li ha aiutati a rimanere inseriti in una rete sociale, benché virtuale. Le istituzioni scolastiche e organizzative hanno fatto quel che hanno potuto e il risultato è che i nostri giovanissimi hanno una sofferenza nel guardare il loro futuro.
Il bisogno di gioco, di fantasia e di espressione creativa a livello sociale dei bambini è immutato e quando questi si trovano in contesti che permettono loro di esprimersi in tal senso si parla di bambini “fortunati”, perché godono un diritto che dovrebbe, in realtà, essere di tutti.
In foto: Annalisa Corbo