Una piazza, tanti volti. Mille storie. Quelle che hanno scritto pagine importanti dell’evoluzione di Busto Arsizio. Una città ora in cerca di nuova identità. Emblema di questa trasformazione è, oggi come ieri, la centrale piazza Vittorio Emanuele II. “Qui Radetzsky e Garibaldi vennero per affari commerciali e amorosi”
di Chiara Milani e Elisabetta Farioli
La Busto che fu. Quella che sarà. In mezzo, piazza Vittorio Emanuele II. Con la ristrutturazione al rush finale, emergono tanti ricordi. E alcune speranze per il futuro.
Del resto, due secoli fa questo spazio era abitato da nobili famiglie come i Conti Marliani Cicogna e frequentato da personaggi storici. Come Josef Radetzsky, qui richiamato da sentimenti amorosi e non solo. A conferma delle tradizioni industriali, a Busto infatti il generale acquistava tessuti per l’esercito. Anche Giuseppe Garibaldi faceva capolino in città per motivi commerciali. Nello specifico comprava tessuti rosso “turco” per confezionare le divise dei garibaldini e raccogliere i fondi per le sue imprese. In realtà, la ditta produttrice aveva sede a Legnano, ma il proprietario era un bustocco. Una stele fissata al muro di Palazzo Cicogna testimonia tuttora il passaggio del condottiero.
Oggi, lo scenario storico del nucleo di edifici che delineano il contorno di piazza Vittorio Emanuele II rimanda, con le sue antiche palazzine, ad un contesto urbano ottocentesco. Nella seconda metà del diciannovesimo secolo, qui si teneva il mercato del carbone. In questo scorcio, incorniciato da un’aiuola, troneggiava in quei tempi il monumento ai Reduci di Patrie battaglie. Un’opera firmata dagli scultori Giulio Cassani da Viggiù ed Enrico Sirtoli e inaugurata nel 1909 in occasione dei festeggiamenti dei cinquant’anni dalla fine della Seconda Guerra di Indipendenza. Prima collocata accanto al cimitero cittadino, la scultura fu poi trasferita nella piazza dul Conti: uno dei tanti nomi attribuiti nel corso degli anni alla piazza Vittorio Emanuele II e che ora dà il nome al nuovo complesso residenziale in fase di completamento.
Nel 1958 al suo post del vecchio monumento ne venne posizionato un altro, stavolta dedicato ai “Caduti di terra, di mare e di cielo”: realizzato dallo scultore Enrico Manfrini, fu inaugurato dal Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. Ed è proprio per i tre corpi nudi, rappresentati nell’atteggiamento che li ha visti impegnati a combattere, che i bustocchi con irriverente ironia la ribattezzarono piazza “di tri cu”. Entrambe le opere sono ora state trasferite altrove. Quella ottocentesco ai giardini di via Foscolo. L’altra, da otto anni, in piazza Trento e Trieste.
Tornando alla nostra piazza, attualmente possiamo ammirare la conclusione della ristrutturazione della prima parte, dove appunto adesso sorge la “Residenza del Conte”. Una serie di palazzine dai cromatismi tenui, al centro delle quali si apre un piccolo spiazzo che verrà intitolato all’attore bustocco Lucio Flauto. Dell’altra parte, dove si stanno ultimando gli interventi, possiamo invece ricostruire un piccolo scorcio attraverso i ricordi dei ricercatori di “bustocchità”. Oltre a quanto già citato, Antonio Tosi ricorda che sul finire degli anni Cinquanta, l’edificio tra le vie Carducci e Pozzi ospitava “una cabina telefonica, la sede della Juventus Club e gli uffici della Stipel dove in tanti si recavano a consultare gli elenchi telefonici di tutta Italia. A seguire, verso l’angolo di via Pozzi, trionfava il famoso negozio di tessuti e scampoli della famiglia Ferrario detta Badala. E i ricordi continuano, scorrendo lo sguardo su Palazzo Cicogna, prima sede comunale, poi tribunale e carcere, oggi biblioteca e museo. Sempre sullo stesso lato, proseguendo su via Marliani, un’edicola, un bagno pubblico”. Aneddoti, testimonianze, flashback raccolti in un video realizzato di recente da un gruppo di bustocchi proprio preservare le memorie di questo luogo. Presentato in occasione dell’inaugurazione della Residenza del Conte, il filmato avrà un seguito in concomitanza con l’apertura definitiva della rinnovata piazza. Non sono infatti da dimenticare i vecchi cortili che popolavano quest’angolo della città: un concentrato di vita bustocca. Dove, prima dell’ultima ristrutturazione, si potevano ammirare i caratteristici decori liberty in pietra e cemento, i ferri battuti e le balaustre, i portoni in legno di pregevole lavorazione e gli affreschi su alcune facciate. Particolari che al momento vivono soltanto nei ricordi di coloro che li hanno visti.
Il futuro della piazza, che dovrebbe riaprire nel mese di maggio 2018, la vedrà comunque al centro di nuove svolte. C’é chi sogna che diventi un polo culturale. Senza dimenticare che é stato pensato per ospitare anche molteplici attività commerciali. Realtà che, integrate con le oltre trecento imprese del terziario già esistenti nel centro cittadino, possano portare nuova linfa vitale al cuore di Busto.