L’anima del Green deal

di Andrea Mallamo

Anty Pansera – vincitrice nel 2020 del Compasso d’oro alla carriera assegnato dall’Associazione per il disegno industriale e autrice del libro 494 Bauhaus al femminile, pubblicato dalla casa editrice bustocca Nomos – commenta l’iniziativa comunitaria dalla prospettiva del potenziale contributo femminile per ridisegnare le nostre città in modo più sostenibile

di Chiara Milani

La Presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, ha dichiarato: “Se il Green Deal europeo ha un’anima, allora è il New European Bauhaus, che ha portato a un’esplosione di creatività in tutta la nostra Unione”. Lei conosce bene la scuola d’arte e design che ispira questa nuova iniziativa comunitaria: può ricordarci l’attualità dei principi ispiratori del movimento, a cui ora ci si rifà per rivoluzionare il concetto di ambiente urbano?

Il Bauhaus (1919-1933), si è proposto anche come “organismo sociale”: sullo stesso livello, e in interscambio, la didattica e la produttività. Vi si tendeva a favorire le relazioni tra arte e pratica, in rapporto quotidiano docenti e studenti. E il manifesto/programma della nuova scuola, inalberava una xilografia di Lyonel Feininger: una cattedrale a simbolo dell’opera d’arte totale e dell’unità sociale. Artisti e tecnici, intellettuali e manovalanza avrebbero dovuto pariteticamente condividere la mission – reale e simbolica – di “costruire” (bauen) nella “casa dell’edilizia” (Bauhaus), per trasformare la vita.

Oltre a ispirarsi all’arte e alla cultura, rispondere a bisogni oltre la funzionalità, e a essere sostenibile, il New European Bauhaus vuol essere inclusivo, pure dal punto di vista dei generi. Anche allora la scuola era aperta in teoria a tutti, ma in pratica soffrì della mentalità maschilista dell’epoca. Lei in proposito ha scritto il libro 494 Bauhaus al femminile (Nomos edizioni). A distanza di un secolo, che cosa dovrebbero insegnare le storie di queste donne?

Il Manifesto proclamava l’uguaglianza tra uomini e donne: “Uguaglianza assoluta, ma anche obblighi assolutamente uguali” (ma le studentesse, fra l’altro, pagavano tasse più elevate!). Le 475 Bauhausmädels che ho rintracciato, pur nella diversità delle loro storie, testimoniano tutte, anticipano e sottolineano – anche se traslate ad oggi – una straordinaria determinazione a trovare una propria strada, diversa ed impervia, rispetto al contesto in cui sono nate o si sono formate e soprattutto quella volontà di “mettersi alla prova” in un modo e in un mondo nuovo che caratterizza anche le ragazze e le donne a noi contemporanee.

Lei ha anche vinto il Compasso d’oro alla Carriera, il più storico e prestigioso premio di disegno industriale al mondo. In che modo, secondo lei, le donne europee potranno contribuire a ridisegnare le nostre città in modo più sostenibile?

Il pragmatismo, la libertà di pensiero e di utilizzo di nuovi e persino impensabili strumenti, così come linguaggi, caratterizzano, mi pare, il pensiero anche progettuale di molte architette e designer italiane ed europee. Un’autonomia che affonda le radici, inoltre, in “non condizionamenti” di quel potere che non hanno mai avuto e che non sono quindi tenute a rispettare.

In foto: Anty Pansera

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