Quando i fornelli spariscono con un clic
In tempi di ristrettezze economiche, il critico enogastronomico Jacopo Fontaneto ci porta alla scoperta di un innovativo progetto salvaspazio (e salvarisparmi)
“Multifunzionalità, dinamicità ed efficienza negli spazi”
di Jacopo Fontaneto
Una cucina che, come per magia, scompare dentro un mobile. La fantasia non c’entra, e nemmeno si tratta di un cartone animato. Neppure si rievocano pellicole che hanno fatto la storia del cinema anni Ottanta, marcando le differenze tra la campagna e una città dagli spazi sempre più stretti. No, parliamo di genio e di inventiva che, da qui a pochi anni, porterà rivoluzioni profondi nella vita di chi, per scelta di vita o necessità di lavoro, è costretto a migrare nelle metropoli e a fare i conti con spazi che si sono ancor più ristretti rispetto alla narrazione di quarant’anni fa. E che, soprattutto, sono diventati molto più costosi (un esempio, il caso di zona Argonne a Milano dove con l’apertura della M4 i prezzi al metro quadro hanno raggiunto i 4.500 euro al metro quadro): risultato, case più piccole, dove anche una piccola stanza in più può fare la differenza. E in una “terza stanza piccola”, in un appartamento milanese di 70/80 metri quadrati, che in periferia costa facilmente sui 300 mila euro, di cose ce ne stanno veramente poche: un divano, un armadio e non ci si gira più. A meno che, dall’unico cappello magico di un mobile a scomparsa (che magari contiene una libreria o un piano per la televisione) non possa uscire qualsiasi cosa, una cucina come un letto matrimoniale.
Quando la soluzione esce dal cilindro… anzi, dall’armadio
E così, ecco il gastronomo curioso che gironzola su internet e si imbatte sulla cucina che si tira letteralmente fuori dall’armadio, non può che chiamare e approfondire. Scoprendo un mondo che è indiscutibilmente affascinante.
Il mercato, sicuramente, non manca. La magia di un “gioco serio” nemmeno: perché vedere un’intera cucina che si apre a libro da un mobile che misura poco più di un metro di lunghezza e qualche decina di centimetri di profondità, in effetti, è stupefacente. La prima parola d’ordine è “multifunzionalità”. La seconda è “dinamicità”, perché ovviamente la gran parte dei progetti viene realizzata su misura: tra i prototipi non ancora in produzione ci sono intere stanze che si spostano attraverso una parete mobile, comprimendo di volta in volta la zona giorno e la zona notte. Soluzione sicuramente interessante per il futuro, anche se forse ancora è il pubblico a non essere pienamente pronto a vivere una stanza mobile.
In ambito gastronomico, sicuramente, si possono immaginare intere cantine di ristoranti che scompaiono dentro a un mobile o, al contrario, enoteche con tavoli a scomparsa che compaiono solo al momento del bisogno, durante il servizio del pranzo o della cena. Il terzo concetto è la sintesi di tutto: efficienza negli spazi, poiché essi hanno un costo, soprattutto nelle realtà urbane dove sono scarsi. Ma anche, magari, in spazi non così angusti, dove si vuole comunque tirare fuori una stanza in più.
Come in un film
Il progetto della cucina si chiama Kitchen box: coniuga il classico monoblocco cucina con un portale integrato che, aprendosi, svela non solo la zona fornelli, ma si trasforma in un dispensa aggiuntiva e in un piano di lavoro che raddoppia quello a disposizione (e, nella versione di base, già occupato dalle due piastre a induzione e dal lavandino, mentre il forno è tra i pensili alti). E ci sono anche il frigorifero e gli spazi per le stoviglie. L’automazione fa il resto e, schiacciando un bottone, gira un’intera libreria per dare spazio al letto, che scende a occupare la stanza: già pronto e senza bisogno di farlo e disfarlo ogni volta. E così, chiusa la cucina con un clic, si può andare subito a nanna.
In foto, una kitchen box di Clei. Nel tondino, Jacopo Fontaneto