Il Sociale di Busto Arsizio ha festeggiato 130 anni riportando sul palcoscenico l’opera lirica con La Traviata di Giuseppe Verdi, grazie al recente restauro della buca, inutilizzata da ottant’anni
di Chiara Milani
Torna l’opera lirica, al Teatro Sociale Delia Cajelli. Torna e stupisce, emoziona, chiama a raccolta una città in fila sotto la pioggia per vedere La Traviata. Lo fa in occasione del 130esimo anniversario dell’edificio che fu costruito per essere la piccola Scala di Busto Arsizio, con tanto di palchetti.
La storia
A metà degli anni Cinquanta, la struttura di piazza Plebiscito fu però restaurata per fare spazio al cinema, con una balconata e una cabina di proiezione. Per circa tre decenni, dunque, questo luogo visse di sogni di celluloide. Finché, agli inizi degli anni Ottanta, la cooperativa teatrale degli Atecnici riportò gli attori a calcare il palcoscenico della struttura di piazza Plebiscito. Di lì, una serie di restauri, che resero di nuovo fruibile anche il Ridotto, intitolato a Luigi Pirandello. Mentre, dal 2016, il teatro porta il nome della storica direttrice artistica, che se ne prese cura per circa trent’anni e volle – fortissimamente volle – riportarlo alla sua vocazione originaria.
Il restauro della buca
Un amore per il teatro, quello coltivato da Delia Cajelli e da un piccolo, ma affiatato team di appassionati, che il 26 settembre 2021 ha visto coronarsi un altro sogno, con l’orchestra finalmente di nuovo presente nella buca, fresca di restauro, dopo una lunga inattività durata da prima della guerra a oggi.
Il pubblico di oggi… e di domani
Certo, per pensare di rendere quello con la lirica un appuntamento fisso e non soltanto un evento per le grandi occasioni, serve anche educare il pubblico, che ormai conosce sempre meno le più belle arie. Non a caso, in città prima della pandemia era approdato il progetto Opera Domani per gli studenti tra i 6 e i 14 anni. Un investimento destinato, ovviamente, a dare frutti a lungo termine.
Un progetto “sociale”
Intanto, la speranza di Luca Galli, presidente di questa realtà, e Maurizio Ampollini, al vertice della Fondazione Comunitaria del Varesotto, che è l’attuale proprietaria della struttura, è non soltanto che lo storico teatro non faccia mai la fine di quello della vicina Varese, abbattuto negli anni Cinquanta, ma che torni a essere davvero “sociale”, grazie all’azionariato popolare, che permetterebbe ai cittadini di tornare proprietari del teatro, nell’ottica della restituzione e della partecipazione diffusa. Obiettivo: raccogliere in 5 anni fondi per 2 milioni di euro. Chissà che tra un quinquennio si possa brindare nei lieti calici a questo risultato, dopo il Libiamo riecheggiato con il ritorno dell’opera.
La rinascita
Del resto, il regista Alberto Oliva ha ricordato che, dopo lo stop durato due anni a causa della pandemia, “tornare in scena con La traviata è stato come rinascere”. Già.
Ph Beppe Bisceglia