In vista della ripartenza delle lezioni, abbiamo intervistato Cristina Bralia, coordinatrice del Polo per l’innovazione digitale della provincia di Varese
di Chiara Milani
Il team che coordina si occupa di un tema che è diventato centrale nel secondo quadrimestre dell’anno scolastico più difficile dal dopoguerra a oggi: Cristina Bralia è la coordinatrice del Polo per l’innovazione digitale della provincia di Varese. In vista della ripartenza delle lezioni a settembre, abbiamo cercato di capire le prospettive della didattica a distanza, partendo dalla fotografia della situazione attuale.
Dal suo osservatorio, anche grazie al vostro contributo, in che modo le scuole del Varesotto dei vari ordini gravi hanno ha affrontato l’educazione a distanza?
Noi abbiamo provato a supportare tutti i dirigenti e i docenti della provincia che si sono mobilitati e quindi vengo subito la risposta rispetto queste novità si sono rimboccati le maniche, hanno seguito decine e decine di corsi di formazione. Hanno provato, hanno sperimentato: chi era già formato, chiaramente avuto minori difficoltà. Noi nel nostro piccolo,
abbiamo cercato di supportare su chiamata piuttosto che organizzando nuove iniziative formative affinché la didattica a distanza fosse più interattiva e non una lezione frontale traslocata semplicemente dalla classe al monitor.
La sensazione però è che ci fossero due velocità diverse. Alcune scuole superiori, per esempio, davvero eccellenti,
altre, magari soprattutto nella primaria – anche se ovviamente non è una regola che vale per tutti – con qualche difficoltà in più…
La sua è una lettura davvero precisa. Di fatto nella provincia noi abbiamo avuto delle eccellenze a livello di scuole superiori, talmente avanti rispetto al tradizionale da entrare a
far parte a pieno titolo e dando contributi incredibili ed essendo chiamate dal ministero a far parte di task force a livello ministeriale. Però la velocità era differente per esempio negli istituti comprensivi, cioè le vecchie elementari e medie, che avevano oggettivamente un maggior bisogno. Va riconosciuto,
tuttavia, che noi abbiamo visto centinaia e centinaia di docenti i nostri webinar. Le dirò di più: con un monitoraggio che ho dovuto svolgere come referente del Piano nazionale scuola
digitale, diciamo che un mese dall’avvio della didattica a distanza, circa l’80 per cento delle scuole ha detto di essersi spostato verso l’utilizzo di piattaforme tecnologiche. Questo risultato secondo me la dice lunga sulla capacità davvero di resistere e costruire insieme anche di fronte alla negatività e
l’emergenza,
In vista del prossimo anno scolastico al momento rimangono tanti punti interrogativi. In che modo le scuole si stanno preparando?
Devo essere sincera: io credo che in questo momento i dirigenti e i loro staff si stanno concentrando di più sull’aspetto della sicurezza, che è il primo e indispensabile, imprescindibile. I dirigenti sono tutti concentrati dunque su come far entrare i ragazzi in aula in sicurezza. Tuttavia, aggiungo che, stando a quanto ho sentito attraverso i contatti con dirigenti delle varie citta’ della provincia di Varese, nessuno dei dirigenti vuole perdere di vista lo sforzo di upgrade tecnico-digitale che è stato fatto nel secondo quadrimestre dell’anno scolastico 2019-2020. Insomma, ci stanno lavorando. Si continuerà ad andare avanti anche con modalità blended tra la didattica in classe e a distanza, perché nessuno vuole perdere lo sforzo incredibile compiuto dei docenti. al quale va aggiunto uno sforzo economico pazzesco da parte del ministero, che ha dato davvero contributi a pioggia sugli istituti e anche affinché gli studenti meno fortunati potessero comunque fruire dell’apprendimento a distanza. Certo, gli aspetti da considerare sono tanti e molte difficoltà permangono.
Ecco, in una battuta che cosa manca secondo lei per far salire davvero in cattedra la scuola del futuro?
Ancora formazione per i docenti che hanno voluto il dovuto cambiare forma mentis. Poi, un supporto a carattere economico, in parte avviato, in parte un pochino trascurato. Mettiamola così: i docenti per esempio hanno un buono annuale, per cui possono comprare libri, tecnologie, ma non possono investire, per esempio, nella fibra. Quindi questa cosa della connessione veloce rimane ancora a carico personale. Anche nella direzione delle famiglie, manca ancora un’attenzione effettiva dal punto di vista delle tecnologie e della connessione. E poi in particolare nelle primarie serva la figura di un tecnico. Ci sono ancora delle carenze “infrastrutturali” anche della nostra bellissima e avanzatissima provincia di Varese.
In foto: Cristina Bralia
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