Al Sociale di Busto Arsizio debutta la Scuola di teatro intitolata alla storica “anima” della sala, Delia Cajelli. Il neo direttore artistico Federico Grassi, che ha calcato palcoscenici importanti e lavorato in fiction tv, presenta i corsi di avviamento, di perfezionamento e le masterclass
di Chiara Milani
“Bisogna essere seri e lavorare lavorare, lavorare”
Federico Grassi è il direttore artistico della sezione Prosa e della nuova Scuola di Teatro Delia Cajelli del Sociale di Busto Arsizio. E’ lui a spiegarci perché, nel 2023, sia più che mai un bisogno attuale per chiunque voglia recitare, nel tempo libero o per mestiere. Perché il talento, se non coltivato, da solo non basta.
Perché una scuola di teatro al Sociale?
Perché la formazione è una cosa importantissima. Perché vogliamo rivolgerci ai giovani che possano trovare uno spazio per crescere, per acculturarsi, per avvicinarsi a quest’arte magnifica che è quella del teatro, che è soprattutto un percorso di autoconoscenza e di autocoscienza.
Sono tre le proposte, in realtà, che verranno fatte sia per chi l’attore lo fa di mestiere, sia per i tanti che amano questa professione, ma che fanno altro nella vita…
Sì, noi prevediamo dei corsi di avviamento a cui può partecipare chiunque per un interesse culturale, per un arricchimento personale, per un percorso di autocoscienza e autoconoscenza e dei corsi di perfezionamento che sono dedicati a chi intende avvicinarsi al teatro perché ne ha una tensione di carattere professionale e quindi vuole farne o spera di farne la sua vita.
Più le masterclass.
Sì, quelli ricordati prima sono i corsi dell’anno accademico di carattere continuativo, poi invece ci saranno delle masterclass che dureranno tre giorni e quindi full immersion molto intense, sostenute e tenute da personalità importanti del teatro italiano e non solo. queste saranno dedicate invece a chi già svolge la professione e vuole fare in questi giorni un corso di perfezionamento.
Qual è la filosofia che sta alla base di tutte e tre le proposte?
La filosofia è molto semplice. Si vuole fare una scuola che ha uno stampo prettamente accademico. Non ho paura di usare questa definizione. Una scuola in cui vengono insegnate quelle che sono le discipline fondamentali di quest’arte, che sono naturalmente le tecniche di recitazione, l’espressione corporea, la bioenergetica, l’educazione, l’impostazione della voce i per imparare un mestiere che poi ognuno eserciterà e farà come vuole, ma di cui deve conoscere gli strumenti fondamentali.
Lei ha avuto dei grandi maestri, del calibro di Gassman, Strehler e Fo. Che cosa porterà dei loro insegnamenti al Sociale di Busto Arsizio?
Porterò tutto quello che ho sentito da loro. È un modo di restituire in fondo la grande fortuna, il grande privilegio che ho avuto e di poterlo donare a chi, come me a vent’anni sognava di fare questo mestiere e in un certo senso c’è riuscito. Quindi, penso anche di portare una testimonianza positiva e riuscire a convincerli a spronarli a cose fondamentali: essere seri e a lavorare, lavorare e lavorare.
Tra l’altro, per lei, è un po’ un ritorno a casa…
Sì, per me è un ritorno a casa, quindi c’è un carico anche emotivo, importante. Facevo il liceo, gli ultimi anni di liceo prima di partire per l’Accademia, la Bottega teatrale di Vittorio Gassman, dove poi mi sono diplomato e iniziare la mia carriera professionale e ho fatto le prime esperienze sul palcoscenico nella compagnia di Delia Cajelli. Oggi essere direttore artistico di questa scuola dedicata a lei e che è il punto d’arrivo di tante attività che lei ha svolto in questa città, è sicuramente una cosa che mi emoziona, oltre a darmi anche un carico di responsabilità e anche di onore.