Di Chiara Milani
E’ nata in seno alla comunità Liuc Alumni, cioè quella dei laureati dell’ateneo di Castellanza, e non è un caso. Perché, assicura Manuela Cattaneo, responsabile Fundraising dell’università e team leader proprio dei laureati, quest’ultima realtà è considerata “il ponte strategico verso il futuro della nostra realtà”. Stiamo parlando di Futures MakHers, un’iniziativa che prevede la creazione di un network costituito da imprenditrici, manager e professionisti, che promuovono uno sviluppo sostenibile, che generi “un impatto reale e visibile sulla comunità”, per dirlo con le parole della nostra interlocutrice.
Ma ciò come avviene?
Ci si ispira a innovativi modelli imprenditoriali, manageriali e relazionali tramite delle role models, delle inspiring ambassadors che si mettono a fattor comune e che condividono le proprie storie di successo, ostacoli, sfide e che sostengono una comunità di uomini e donne, che promuova una cultura inclusiva e doi confronto per intercettare nuove idee, trend di mercato e delle nuove professioni, diffondere buone pratiche e soprattutto creare delle connessioni di valore tra diversi soggetti e diverse generazioni per attivare partnerariati, valorizzare i talenti, contribuire alla crescita e alla stabilità sociale e garantire pari opportunità per tutti. Quindi, diffondere una capacità di visione anticipatoria di futuro e favorire delle decisioni di lungo pariodo, robuste e sostenibili.
Perché è un progetto innovativo?
Innanzitutto è un progetto innovativo perché parla di futuri e si è poco abituati a farlo. Noi abbiamo pensato che fosse molto interessante partire da qui perché la Future Literacy è considerata oggi da Unesco la nuova competenza chiave per affrontare le sfide che verranno: sappiamo tutti che siamo immersi nel cambiamento. Ciò ci mette a dura prova, ma il tema non è tanto il cambiamento, in quanto futuro è sempre stato diverso dal passato e dal presente, ma l’accelerazione esponenziale di questo cambiamento impone che si debba affinare una sensibilità ai segnali che i futuri ci inviano, ovvero alla lettura di quegli indizi latenti che il futuro immette nel presente. Questa cosa significa significa lavorare con i futuri con metodo, per utilizzare strumenti che ci rendano possibile anticipare il domani, visualizzare progettare e strategie resilienti e sostenibili. Come organizzazioni, come comunità e naturalmente anche come individui. Quindi, questo è un progetto innovativo perché punta su questa nuova sfida, che è quella di accompagnare i leader del futuro. Naturalmente, però, al contempo è un progetto che fortemente è coerente con un contesto come quello del sistema universitario, nel quale convivono diverse discipline e soprattutto diverse generazioni
In quest’ambito, l’H che voi avete inserito tra la M e la K in MakHers e che rimanda a Her, cioè lei, come si inserisce?
Dunque, questa H, che si inserisce peraltro in modo che io definisco gentile, con un apice, c’è perché le nostre ambassador sono appunto donne. Tengo molto a sottolineare che questa non è una community al femminile, ma è una comunità che utilizza quelle che sono le caratteristiche distintive di servant leadership delle donne, che appunto si mettono a disposizione come leva importante per generare una comunità inclusiva, nella quale si faccia sinergia e confronto. Si tratta di attitudini che permettono nelle organizzazioni alle donne di prendersi cura delle risorse e vengono focalizzate nelle nostre iniziative.
A proposito di iniziative, in che cosa consistono i laboratori di futuro?
Sono la messa a terra dell’alfabetizzazione al futuro. Sono delle comunità di pratica nelle quali ci si interrogato su domande di rilievo tramite metodo partecipativo e collaborativo, quindi valorizzando l’intelligenza collettiva. Si tratta di attivare delle comunità miste che s’interrogano appunto su un argomento specifico. Il tema è creare un’attitudine anticipatoria, generare un nuovo mindset sistemico, che veda i problemi, non solo da un punto di vista, ma da tante sfaccettature. Non a caso, peraltro, noi parliamo di futuri, perché sono tanti: da sempre l’uomo ha nel suo costituente il futuro. Quando noi prendiamo decisioni, visualizziamo le loro conseguenze nel futuro. Quindi, quanto diventa importante saper progettare con metodo? Poter cogliere nel presente uei cambiamenti che stanno facendo capolino e che diventeranno grandi nel domani. Le finestre temporali di 20-30 anni, perché ci siamo resi conto che ormai, siccome il cambiamento è incessante e incalzante, spesso e volentieri si è persa l’attitudine a progettare a lungo termine, ma è proprio in questo lasso di tempo che si è possibile cogliere l’indizio maggiore dei cambiamenti distintivi, che concretizzeranno un domani diverso dall’oggi, perché il futuro è dove le cose si presentano e si fanno in un modo diverso.
In foto: Manuela Cattaneo