Naturarchia

di Andrea Mallamo

In attesa di poter vedere a ottobre lo spettacolo Feeling Science all’interno della rassegna varesina Parola di donna, Adriaan Eeckels, project leader di Sciart (Scienza e Arte), parla delle ultime frontiere della comunicazione per ridare più credibilità al lavoro dei ricercatori, lanciando anche una proposta provocatoria…

di Chiara Milani

Si chiama Feeling Science ed è lo spettacolo che, nell’ambito della rassegna Parola di donna, avrebbe dovuto vedere l’11 marzo sul palco del Teatro Santuccio di Varese alcune scienziate del JRC (Joint Research Center) di Ispra per “sdoganare” un nuovo linguaggio, che non sia più soltanto scientifico e letterario, ma anche emotivo e teatrale. In attesa di poterlo vedere probabilmente a ottobre, quando in questo momento è stato spostato a causa della quarta ondata dell’emergenza pandemica, abbiamo intervistato Adriaan Eeckels, project leader di Sciart (Scienza e Arte), di cui la performance delle ricercatrici fa parte. 

 

Tra le ultime pubblicazioni del Centro comune di ricerca di Ispra, proprio a metà gennaio c’è stato il nuovo framework per la sostenibilità ambientale. In questa direzione, il vostro progetto Scienza e Arte arriva addirittura a lanciare una proposta mi permetto di dire un po’ provocatoria… cioè, voi parlate di Naturarchia: praticamente, andate oltre il contratto sociale di Rousseau per arrivare a un contratto naturale, volendo addirittura dare personalità giuridica ai vari elementi della natura, come fiumi, sassi e montagne…  E’ così?

Sì, è appunto una provocazione. Sappiamo che sarà difficile se non impossibile, che i giuristi non sono pronti, però cogliamo la provocazione di un filosofo francese che si chiama Michel Serre, che ha scritto questo libro sul contratto naturale già nel 1990 e il libro è diventato anche ispirazione di certi gruppi artistici, proprio perché indica come il nostro rapporto con la natura sia di violenza e di sfruttamento. Così la provocazione sta nel fatto che noi possiamo salvare la natura, che noi consideriamo lontana, soltanto se la mettiamo dentro la legge, che è per antonomasia il costrutto culturale più evoluto dell’uomo.

 

Tutto ciò ci porta al Green deal, di cui tanto abbiamo sentito parlare e che sottende a un vero e proprio cambio di sistema…

Tutti sanno che il Green deal è fondamentalmente un insieme di leggi necessarie per portare questa trasformazione verso un’energia più pulita: cambiamento che gli scienziati già da più di trent’anni dicono che è urgentissimo e perciò penso che sia molto importante che tutti quanti capiamo che qua non si tratta di una cosa che scende dall’alto e che dobbiamo subire. La Commissione europea vuole veramente toccare la vita di tutti i cittadini europei, che possono partecipare a questa trasformazione. Noi vogliamo far sì che tutti capiscano che è una trasformazione davvero necessaria, che noi dobbiamo comunque fare come società e che è l’unico modo per salvare la terra, non tanto per noi ma per i nostri figli e i nostri nipoti. Allora il progetto Sciart con questo concetto di Naturarchia vuole parlare ai cittadini mettendo assieme artisti, scienziati e policy makers

 

Perché è importante questo dialogo soprattutto in un momento come questo di emergenza sanitaria, in cui sappiamo che una parte, seppur minoritaria, della popolazione sta dubitando della scienza?

Visto che siamo in Italia, iniziamo col ricordare che fin dal Quattrocento gli artisti hanno sempre lavorato con gli scienziati. Poi abbiamo separato le due cose, ma in realtà sono sempre andate di pari passo. Basti pensare a Leonardo da Vinci. Per fortuna, negli ultimi decenni rivediamo sempre più collaborazioni tra arte e scienza, perché come ha indicato il sociologo francese Bruno Latour, la scienza è stata toccata da una crisi che non conosceva prima, cioè quella della credibilità, e l’arte può aiutarla a trovare altri modi per comunicare, per far capire alla gente cosa che fa in effetti: vediamo infatti che questi scienziati iper specializzati hanno difficoltà a comunicare in un linguaggio comune e gli artisti possono aiutare perché in un certo senso sono le antenne della società. Quindi, noi speriamo di stabilire un dialogo a  poli, includendo coloro che fanno le leggi comunitarie, in modo che prima che le leggi siano emanate, siano già nutrite dalle realtà di tutta l’Europa.

GUARDA L’INTERVISTA

In foto: Adriaan Eeckels

Articoli Correlati