L’ultimo libro di Barbara Tamborini [GUARDA]

di admin

A Vivere in rosa, il salotto femminile di Rete55 (canale 88), la psicopedagogista e scrittrice, che vive a Somma Lombardo con i figli e il marito autore di best seller Alberto Pellai, racconta le adolescenti e preadolescenti attraverso i loro scritti

di Chiara Milani

Un libro concepito come una lettera. Pensando prima di tutto alle sue figlie, di 16 e 20 anni. E poi a tutte le ragazze e i ragazzi che incontra col suo lavoro, nelle scuole. Barbara Tamborini, psicopedagogista e scrittrice, spiega così com’è nata la sua ultima fatica editoriale: Ragazza mia – Lettera alle donne libere di domani, una sorta di versione femminile del best seller Ragazzo Mio – Lettera agli uomini veri di domani scritto dal marito, il medico, psicoterapeuta, ricercatore e scrittore italiano Alberto Pellai.

“Scrivendo questo libro ho avuto una bellissima opportunità perché coinvolgendo un po’ di insegnanti, un po’ di scuole, un po’ di dirigenti con cui collaboriamo da qualche tempo, ho avuto modo di raccogliere quasi 450 scritti di ragazze e ragazzi tra i 12 e i 16 anni provenienti un po’ da tutta la nazione e questo è stato davvero un contributo fondamentale, perché mi ha permesso di conoscere ancora meglio e in un modo così privilegiato i vissuti di molte ragazze e molti ragazzi”, prosegue la nostra interlocutrice, che incalza: “Una cosa che mi ha colpito è che, in effetti, le preoccupazioni che abbiamo noi genitori e noi educatori sono in qualche modo rispecchiate anche nel vissuto di chi sta crescendo, cioè nelle parole di chi sta crescendo emergono delle sottolineature che sono molto simili a quelle dei genitori”. 

Una tra tutte?

Il rapporto ad esempio col proprio corpo. 

Ecco, noi viviamo nella società dell’immagine, ma c’è di più. Perché l’immagine delle madri di oggi con figli adolescenti è totalmente diversa rispetto a quella di un tempo e quindi anche il confronto che ha una figlia con la figura genitoriale femminile chiaramente cambia… come si trova un punto di equilibrio, quando a volte sinceramente la mamma sembra quasi la sorella maggiore?

Diciamo che di sicuro siamo tutti dentro a un tempo dove l’apparire e presentarsi con una certa forma fisica, che è fatta di canoni piuttosto definiti, è qualcosa che riguarda un po’ tutti e quindi anche noi donne adulte molto spesso viviamo con una certa dose di preoccupazione il poterci sentire adeguate. In qualche modo, è come se i segni del tempo fossero una minaccia costante alla nostra possibilità di continuare ad avere un ruolo positivo, uno spazio, un’opportunità nei contesti in cui viviamo e lavoriamo. Ciò riguarda pure le ragazze e in qualche modo crea un po’ un ponte. A volte, però, un ponte si spezza e si crea qualche crepa quando noi adulti viviamo questa preoccupazione, quest’ansia con troppa apprensione e in qualche modo perdiamo un po’ l’attenzione che dovremmo avere verso le nuove generazioni nel sostenere, incoraggiare, in qualche modo diventare un riferimento solido, che offre una visione che va oltre. Così, invece di alleggerire in qualche modo e aiutare ad allargare un po’ lo sguardo di chi sta crescendo, rischiamo anzi di mandarlo in cortocircuito, di aggravare la preoccupazione, l’ansia. Questo credo sia proprio un po’ un tema che riguarda di attualità, su cui avere uno sguardo attento e provare proprio a fare un bilancio. 

E’ questo il tema portante?

Sì, moltissime ragazze, ma anche molti ragazzi, raccontano l’ansia nel percepirsi, nel non accettare il proprio corpo. Diventa una sfida costante. Ecco, non so in quanti scritti ho ritrovato l’ansia che viene sperimentata la mattina al risveglio, guardandomi allo specchio continuo a sentire di non essere abbastanza, sento la paura di dover affrontare gli altri, devo ingaggiare una battaglia con le mie paure coprendomi eccessivamente oppure deprivandomi di cibo per poter dimagrire, ma una volta dimagrita poi ancora non riesco a trovare questa pace. Quest’ansia generalizzata di cui sentiamo parlare nelle ricerche e che sappiamo tutti che esiste, davvero nelle parole delle ragazze, ma anche dei ragazzi, è un tema ricorrente in percentuale davvero molto molto significativa. 

Quali sono le altre preoccupazioni delle ragazze?

Un altro tema è proprio quello del sentirsi accettati e del sentirsi sicuri di sé. Un altro tema bellissimo che emerge è poi quello dell’amicizia con questa ambivalenza: da un lato,  come il punto più importante della propria vita e quindi la scoperta, l’entusiasmo, dell’amicizia come qualcosa che davvero nutre quel bisogno che abbiamo tutti di sentirsi visti nel profondo e in qualche modo accettati e voluti bene, ma nello stesso tempo c’è proprio la dimensione anche della paura del tradimento, dell’essere abbandonate, della delusione Ecco, specie tra le ragazze preadolescenti, questo tema che c’è dalla notte dei tempi torna ancora negli scritti come un tema importante e in Ragazza mia ho provato proprio partendo dai racconti delle ragazze a tessere una trama di come noi possiamo tenere dentro di noi questo dolore e in qualche modo renderlo parte di un percorso che ci porterà a trovare relazioni sempre più durature, sempre più sicure, appaganti e degne di fiducia. Questo è il tema dell’amore.

In questo libro si nota una scelta stilistica particolare per parlare alle ragazze di oggi: è scritto al femminile, con tanto di nota iniziale per i maschi

Sì, è un esperimento: ho usato il genere femminile. Mio marito Alberto ha scritto Ragazzo mio che aveva proprio l’intento di parlare ai ragazzi di educazione sentimentale, affettiva, qualcosa che davvero era un’area molto scoperta e molto sguarnita. E Ragazza mia è un po’ venuta come l’altro lato della medaglia, come dimensione complementare e l’idea proprio che questi siano due libri che però dovrebbero essere letti reciprocamente per aumentare la sensibilità, la motivazione e la voglia di comprendere davvero tutte quelle sfumature che sono fondamentali per una società civile che sa cooperare. La scelta di usare il femminile è stata coerente, è venuta scrivendolo, visto che io mi immagino che verrà letto da molti ragazzi ad esempio nelle classi, nelle scuole; quindi, verrà proposto sia a ragazzi sia a ragazze, ma di fatto sicuramente sarà un libro letto soprattutto da queste ultime, perché di fatto il titolo richiama inequivocabilmente la protagonista di tutto ciò che è narrato all’interno. Allora, ho detto, potrebbe essere proprio una scelta coerente usare il femminile e chiedere anche ai ragazzi che leggeranno, spero tantissimi, di provare a leggere un libro che usa il femminile in tutte le pagine con la tranquillità che questa cosa non esclude, ma permette comunque di restare dentro una narrazione che sento mia anche se l’uso del femminile è perché il libro è dedicato alle ragazze. Quindi, è una scelta un po’ controcorrente e sarà interessante sentire dai ragazzi cosa ne penseranno.

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