Rinviata l’inaugurazione della mostra Nel salotto del collezionista – arte e mecenatismo lombardo tra Ottocento e Novecento, prevista al Castello di Masnago a Varese. In attesa di aggiornamenti, disponibili sul nostro sito internet, riscopriamo la figura femminile di maggior spicco legata all’esposizione
a cura della redazione
Non è stata soltanto la moglie di un mecenate, come si usava a quell’epoca. Lo è stata lei stessa. Prima attivamente assieme al marito e poi, rimasta vedova, per volontà soltanto sua. Amelia De Grandi si staglia così come figura femminile esemplare nell’ambito della mostra
Nel salotto del collezionista su arte e mecenatismo lombardo tra Ottocento e Novecento, in arrivo prossimamente al Castello di Masnago a Varese.
Inaugurazione rinviata
L’inaugurazione era inizialmente prevista il 6 marzo, ma l’ordinanza regionale relativa all’emergenza sanitaria causata dal Coronavirus l’ha fatta rinviare, al momento a data da destinarsi. Però i promotori – Fondazione Cariplo, Fondazione Comunitaria del Varesotto e Comune di Varese – assicurano che, seppur posticipandone l’apertura, rimane comunque la volontà di non annullare il grande evento, che doveva inizialmente essere in calendario fino al 14 giugno. Ecco perché sul sito della nostra testata – www.varesemese.it – vi forniremo in tempo reale gli aggiornamenti sull’esposizione: un progetto curato da Lucia Molino e pensato come un percorso gratuito di 70 opere reso straordinario da capolavori di Francesco Hayez, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Gaetano Previati, Giacomo Balla, Adolfo Wildt provenienti da prestigiose istituzioni museali della Lombardia: realtà del calibro delle milanesi Museo nazionale della Scienza e della Tecnica e Museo Poldi Pezzoli, oltre che dalla Casa museo Lodovico Pogliaghi al Sacro Monte di Varese e dal Museo della Società gallaratese per gli studi patri di Gallarate.
Una coppia… da incorniciare
Nel frattempo, a nostro avviso vale la pena di approfondire una delle figure femminili più affascinanti legate alla mostra: Amelia De Grandi, per l’appunto. I promotori della rassegna ricordano infatti che a Varese, in quegli anni, il fenomeno del collezionismo e il gusto per gli interni d’arte si stavano diffondendo anche tra le famiglie della borghesia locale. Autentica passione per l’arte e desiderio di trasmettere ai propri concittadini e, più in generale, ai posteri il patrimonio culturale raccolto, paiono aver contraddistinto la vita dei coniugi Luigi De Grandi e Amelia Bolchini: “Siamo di fronte a una coppia appartenente all’operoso milieu della borghesia varesina tra Otto e Novecento: Luigi De Grandi faceva parte di una dinastia di capimastri originari di Mondonico in Valganna trapiantati anche a Milano; Amelia era figlia dell’avvocato Giuseppe Bolchini, patriota e repubblicano, e di Carolina Della Chiesa, sorella di Federico, a sua volta avvocato e patriota e sindaco di Varese tra il 1911 e il 1914”, illustrano gli organizzatori. Affermato impresario edile, De Grandi ebbe modo di collaborare con l’architetto di gusto modernista Giuseppe Sommaruga nel complesso cantiere dell’Hotel Campo dei Fiori, chiamando lo scultore Eugenio Pellini a ornare di decorazioni plastiche dalla suggestiva sensibilità Liberty alcuni tra gli edifici da lui realizzati. “Non c’è dunque da stupirsi se nella collezione che i coniugi De Grandi andarono via via ordinando nella casa di via Ernesto Cairoli 15 a Biumo Inferiore e nel villino al Campo dei Fiori facessero mostra di sé alcune tra le più significative sculture pelliniane di quegli anni; peraltro le scelte di gusto formulate attraverso la selezione e acquisto di dipinti e sculture attestava un orientamento nell’orbita dell’eclettismo”, aggiungono sempre i promotori.
La collezione Dell’Acqua
L’attenzione nei confronti del divisionismo poteva essere riferita anche all’influsso esercitato sui coniugi De Grandi da un’altra collezione, quella di Carlo Dell’Acqua, industriale tessile originario di Legnano e suocero dell’avvocato Ferruccio Bolchini, fratello di Amelia. “E’ tuttavia a quest’ultima che, rimasta vedova nel 1934 priva di discendenza diretta, si deve la volontà di donare generosamente alla città la collezione, atto previsto già nel 1941 ma attuato solo tra il 1965 e il 1965 come cardine della pinacoteca dei Musei Civici”, concludono gli organizzatori della rassegna. Sottolineando così una figura femminile che ha rappresentato un’eccezione alla regola che vale la pena più che mai ricordare nel mese contraddistinto dalla Giornata internazionale delle donne.
In foto: Giacomo Balla, Bambina con fiori, INV. 20