Lucio Piccoli, storico impresario del mondo dello spettacolo che ha legato a Busto Arsizio tutta la sua vita, si è spento a 82 anni all’hospice de La Provvidenza. Negli ultimi giorni, ha voluto incontrarci per rilasciarci l’ultima intervista della sua vita. Con un consiglio finale per i giovani artisti
di Chiara Milani
“Per il successo bisogna studiare e lavorare”
“Per avere successo bisogna lavorare e lavorare, studiare e studiare”: nell’atrio de Il Nido, l’hospice dell’istituto La Provvidenza, maglietta nera e immancabile cappellino bianco, lo storico manager del mondo dello spettacolo Lucio Piccoli dispensa consigli ai giovani artisti con il suo solito piglio deciso. Ma stavolta è diverso. Ha davanti soltanto pochi giorni di vita. Lo sa lui e lo sa chi lo intervista, sforzandosi di mantenere un sorriso che non tradisca la commozione di fronte all’uomo che l’ha chiamata per rilasciare l’ultima intervista. Sanno entrambi che, quelle dichiarazioni, lui non farà in tempo a leggerle sul mensile: l’intervista sarà per forza pubblicata postuma. Ma l’impresario come sempre ha pensato a tutto: anche alla foto che starebbe bene in copertina. E sa che la promessa della pubblicazione sarà mantenuta.
Allora si parla, come in una chiacchierata tra vecchi amici, come se nulla fosse, come se ogni minuto trascorso insieme non fosse uno in meno che separa l’intervistato da ciò che ormai è inevitabile. “Sai chi rovina i ragazzi di oggi? Anche i calciatori? Sono i genitori. Parecchi nell’ambiente della musica gli fanno persino la sala d’incisione in casa, non sanno che dovrebbero andare da una sala professionale dove c’è il direttore. E così sono destinati a sparire in un paio d’anni. Non come quando io ho fatto tanti Sanremo”.
In oltre 50 anni d’attività, Lucio Piccoli, al secolo Orfei Paganini (mi perdonerà dall’aldilà se per una volta scrivo il nome registrato all’anagrafe), ha portato al successo molti protagonisti del mondo dello spettacolo. Che si sono fidati di lui. Lui stesso, del resto, si affidò per la scelta del nome d’arte da un grande della tv, Lucio Flauto. Un bustocco, come lui lo era nel cuore: dall’abbonamento trentennale alla Pro Patria (di cui, in punto di morte, ha chiesto di avere la maglia sulla bara) alla scelta di portare in città un Cantagiro, il Carosello e il debutto di Battiato. Ma, oltre a questo, lui vinse il Festival di Sanremo con Vergnaghi, il Telegatto con Villa e affiancò personaggi come Gaber, Funari e Musazzi, solo per citare alcuni nomi: dalla tv al cabaret, dalla musica al teatro.
Chi è rimasto più nel cuore in assoluto?
Ah, Walter Chiari. A me non ha mai dato buca. E’ stata la persona più onesta. E poi mi spiace che gli italiani balordi, gli impresari, certi mostri, non saprei come altro chiamarli, lo hanno derubato. Tutti. Io per un periodo ci andavo a mangiare assieme ogni giorno alla Bella Napoli e dunque l’ho conosciuto bene. E poi era di un’intelligenza… non c’era una cosa a cui non sapeva rispondere. Frequentava gli Agnelli, che una volta gli hanno messo persino a disposizione un elicottero per andare a fare una serata, come se niente fosse. Io non lo avrei mai fatto.
Passiamo al femminile: vorrei il nome di una donna, tra le tante di successo affiancate…
Farò il nome di una donna di classe, una donna di Pozzuoli. Mi chiamò il presidente della Fiera di Monaco di Baviera, che è la più grossa nel settore orafo e mi dice che vorrebbero tanti Sofia Loren. Io gli dico, “presidente, mi chiede una cosa strana. Se è per venire a ritirare un premio le dico di sì. A tagliare il nastro, ci vogliono tanti soldi”. Ma lui mi risponde che non ci sono problemi di soldi. Così chiamo l’avvocato della Sofia a Roma e, quando menziono 100 milioni, mi risponde di considerarli già lì. Lei è venuta a tagliare il nastro e poi l’ha voluta tutti negli stand: chi le regalava un orologio, chi un gioiello, oltre ai 100 milioni che avevo pattuito io e che aveva già incassato il giorno prima, sennò non partiva. Ecco, non posso descrivere la classe di Sofia Loren. È unica: il passo elegante, come vestita, ma persino il modo in cui ha tagliato il nastro.
Lo spettacolo di oggi rispetto a quello di un tempo.
Se penso a Sanremo, io capisco che gli autori bravi sono quasi tutti morti, ma quelli di oggi fanno il prodotto in casa. Cioè, scrivono loro e risparmiano i soldi. Io ho vinto contro Peppino di Capri, avevo di fronte artisti come Massimo Ranieri… mentre tu vedi che di questi in pochi anni non si sa più nulla? Menomale che ho deciso di fermarmi prima, no?
Davanti alle telecamere di Rete55, la chiacchierata prosegue. Andrà in onda sul canale 88. Poi chi scrive porge il braccio a Piccoli e lo riaccompagna verso la stanza. Davanti alla porta, il saluto. Un abbraccio veloce e un “grazie”, di cuore, aiutata dalla mascherina obbligatoria e gli occhiali scuri.
Pochi giorni più tardi, calerà l’ultimo sipario sulla vita di Piccoli, che aiutò tanti a diventare grandi.