Il mese di maggio, a Busto Arsizio, fa rima con tessile. E’ in questo periodo infatti che nell’ex Manchester d’Italia si aprono mostre ed eventi legati alla più antica tradizione locale, la produzione di filati e stoffe. Quest’anno, a impreziosire il già ricco e incantevole percorso espositivo della rassegna M(a)y Fiber, anche due imponenti e famose installazioni: La Venere degli stracci e il Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto
di Elisabetta Farioli
“L’artista deve creare qualcosa che non c’è”
Chi meglio del Maestro Michelangelo Pistoletto, nelle cui opere vive la tradizione biellese – città dedita ai filati – avrebbe potuto rappresentare il legame tra l’arte e il tessile? Pistoletto, da sempre è una delle figure più poliedriche, innovative e geniali, che con la propria ricerca ha trovato quella ‘formula della creazione’ generatrice di un nuovo equilibrio tra naturale e artificiale.
La rinascita
Non stupisce dunque che sia stato invitato anche in quella Busto Arsizio un tempo soprannominata Manchester d’Italia per le sue industrie tessili. Il legame tra le due opere esposte attualmente nella città del Basso Varesotto – La Venere degli Stracci a Palazzo Cicogna e Il terzo Paradiso nel giardino quadrato del Museo del Tessile – è la rinascita. A spiegarcelo è il Maestro in persona: “La Venere è composta da due elementi contrapposti: da una parte gli stracci, che rappresentano il consumismo quindi i rifiuti; dall’altra la statua della Venere, che dà significato a qualcosa che attraversa la memoria del tempo, portando con sé il concetto di equilibrio e armonia. I due elementi contrapposti si connettono, mentre gli stracci ritornano ad assumere il significato di materia utile per una rigenerazione”.
Metafora di pace
Nell’installazione, gli stracci intendono rappresentare anche il percorso, il tempo dell’umanità con le sue complesse variazioni. Rigenerare è dunque il concetto fondamentale nell’opera di Pistoletto sia in riferimento al consumo dell’essere umano sia nei confronti del pianeta che l’uomo, a sua volta, sta consumando. “E’ simbolo della pace, della pace preventiva, ma soprattutto è il “Terzo paradiso”, la metafora del concetto di pace e armonia, portatore di equilibrio e connessione tra la natura e l’artificio”, prosegue l’artista.
Sguardo lungimirante
Pacificare natura e artificio nella congiunzione degli elementi che avviene nel cerchio centrale dell’opera, con la creazione di una nuova realtà, di una vita rinnovata, grembo della rinascita nella linea dell’infinito.
A proposito di rinascita, rigenerazione e approfittando della disponibilità del Maestro così lungimirante nel pensiero e nello sguardo (la prima Venere risale al 1967, pensiamo a quanto le sue riflessioni fossero già proiettate nel futuro…) abbiamo chiesto il suo giudizio su questo particolare periodo che sta attraversando il mondo dell’arte.
“Non basta raffigurare quello che sta avvenendo, non basta documentare quello che sta accadendo. L’artista deve creare qualcosa che non c’è perché, se già esiste non è creazione”, ci risponde: “Quindi, occorre intervenire con la capacità di creare, con il concetto di rigenerazione che porta alla concezione di una nuova umanità. È questo che l’artista deve fare: pensare a creare anche umanità e non solo un’opera personale”.