FAI, magnifico pres(id)ente

di Andrea Mallamo

Il nuovo “numero uno” del Fondo per l’ambiente italiano, cresciuto nel Varesotto, racconta i progetti locali e svela il desiderio per il suo mandato

di Chiara Milani

Ho fatto le scuole Varese e ho abitato fino a 18 anni, quando poi sono andato all’università, a Brunello, che è il mio paradiso: quando, da casa mia, vedo il paesaggio dal Monte Rosa al Monviso, con il lago di Varese, sono infatti totalmente appagato”: Marco Magnifico, neo presidente del Fondo per l’ambiente italiano, ci parla così del suo “luogo del cuore” privato. 

Il sogno nel cassetto

Le sue radici affondano infatti nel Varesotto, così come quelle del Fai, che proprio qui ebbe il suo primo bene: quel Monastero di Torba donato nel 1977 dalla fondatrice, Giulia Maria Crespi, e che rimane nevralgico nei progetti della fondazione senza scopo di lucro, nata 47 anni fa con lo scopo di tutelare e valorizzare il patrimonio storico, artistico e paesaggistico italiano. “C’è un lavoro continuo per renderlo sempre più fruibile, con un sogno che curiamo da quando io lavoro al Fai, cioè 35 anni (finora in ruoli esecutivi, ndr): collegare finalmente Castelseprio a Torba, perché sono la stessa, però purtroppo da ormai da 20 anni il sentiero è interrotto, perciò è molto difficile percepire l’unità di questo luogo straordinario”, ricorda Magnifico.

Lo scrigno di Torba

In ogni caso, il monastero si continua a rivelare uno scrigno pieno di sorprese. “Dagli scavi archeologici nella torre sono emersi i resti dei fuochi che i soldati romani facevano per riscaldarsi, quelli di cibo e persino la tomba di un cavaliere sepolto col suo cavallo, di cui abbiamo trovato lo scheletro”, cita il “numero uno” del Fai, aggiungendo: “Abbiamo fatto poco prima di Natale una messa in memoria della Pinin Brambilla, che è stata la più brava restauratrice al mondo, e l’ultimo suo cantiere fu a Torba, meno di due anni fa. Quindi, a un anno dalla morte, abbiamo deciso di farvi una messa in suo ricordo, che è stata la prima celebrata nella chiesa di Santa Maria di Torba chissà da quanto tempo, forse più di un secolo, e lì mi sono accorto che è molto importante che quella torni a essere anche una chiesa: il parroco di Gornate Olona e anche sindaco sono venuti e credo che che questa dimensione spirituale così forte nel monastero di debba tornare, anche celebrando ogni tanto una funzione religiosa”.

La Pompei della borghesia italiana

Poco distante da Torba, a Morazzone, sta poi diventando realtà un altro progetto, all’avanguardia in Italia. “Quando sono andato a vedere Casa Macchi, dopo che pochi anni fa il Fai aveva scoperto a sorpresa da un notaio di averla ricevuta in eredità con una cospicua dote di un milione di euro, sono rimasto stupefatto”, ricorda il presidente: “E’ una specie di Pompei di quella media borghesia che ha fatto il nostro Paese con i suoi risparmi, la sua dignità, partecipando alle guerre d’Indipendenza… la casa era di questa signorina Macchi che, morti i suoi genitori, l’ha chiusa negli anni Cinquanta e se n’è andata, per cui è rimasta intatta per oltre mezzo secolo, fino a quando sono entrato io, che l’ho trovata arredata dai suoi nonni: si entra dunque in un mondo che racconta la vita di questa borghesia tra fine Ottocento e primi del Novecento, che nessun museo in Italia racconta e quando la gente entrerà all’inaugurazione, prevista l’8 dicembre 2022, tutti troveranno quel profumo delle case delle nostre nonne, delle nostre zie e ci ritroveremo in una storia che ci appartiene e che forse che forse abbiamo un po’ dimenticato”.

L’Italia delle famiglie

Nel frattempo, là dove un tempo c’era un negozio e ci sarà poi la biglietteria di Casa Macchi, due mesi fa è stato aperto un Emporio, dove si vende di tutto un po’ come una volta, “perché questo serve a portare un po’ di rossore sulle guance di quei centri storici bui, da dove ormai la gente è andata via per abitare fuori”, per dirla con le parole di Magnifico. L’idea quindi è quella di fare di Morazzone un faro in tal senso, “perché è nel centro storico che si respira la vita particolare di ogni nostro paese e l’Italia che deve raccontare il Fai non è soltanto quella di Villa Panza piuttosto che di Villa Della Porta Bozzolo, che peraltro è la mia proprietà preferita, ma anche quella di tutti i giorni, delle famiglie e dei marchi che, con la loro parsimonia, educazione e cultura hanno fatto il meraviglioso Paese in cui viviamo”, incalza il neo presidente.

L’obiettivo del mandato

Peraltro, come ricorda il nostro interlocutore, non esiste nella nostra nazione un’altra provincia così ricca di beni del Fai quanto quella di Varese. Anche se, per la sua presidenza, Magnifico guarda verso Sud: “Forse come tutte le persone del Nord, io sono tremendamente che morato del Sud: ogni volta che vi arrivo provo proprio una gioia fisica, che mi fa bene, e mi dispiaccio che il Fai fai sia così sviluppato, sentito e presente al Nord e un po’ meno al Sud, quindi il mio grande sogno sarebbe, quando me ne andrò da presidente, poter dire che anche lì, che è una meraviglia del mondo, il Fai è riuscito a fare quello che sta facendo qui”.

Paesaggio a rischio

Tutto ciò senza perdere di vista la questione del paesaggio italiano nella sua interezza: “E’ evidente che la priorità assoluta è quella di contrastare il riscaldamento climatico: questa è la sfida titanica che aspetta l’umanità se non vuole sparire dalla crosta terrestre, quindi l’adeguamento delle tecnologie è fondamentale, con i pannelli solari, l’eolico e così via: bisogna però stare anche molto attenti che tale urgenza enorme, con i nuovi impianti che devono per forza essere realizzati, non vada a discapito del nostro paesaggio. La fretta dunque è nemica in questo caso”, avverte Magnifico, che sottolinea: “E’ un grande problema, anche perché tutto ciò deve vedere in prima linea il Ministero dei Beni culturali, che però in questi anni è stato falcidiato dai pensionamenti, così come dalla riforma eccellente iniziata dal ministro Franceschini, ma che poi si è fermata a metà, per cui oggi questa realtà non ha la struttura, la forza e tante volte neanche ahimè le competenze per poter dare le risposte che servono nei tempi necessari”. Di qui, la conclusione, che suona come un monito: “E’ chiaro dunque che il Fai da questo punto di vista starà molto all’erta e darà una mano, come istituzione privata, ma che ormai è della Repubblica”. 

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In foto: Marco Magnifico
Ph: Barbara Verduci

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