Elisabetta Farioli ci porta nell’affascinante laboratorio di tintura della bustocca Giovanna Massironi per apprendere le antiche tecniche su come imprimere la forma e i colori della natura su tessuti di cotone, seta e lino
di Elisabetta Farioli
I colori raccontano storie di luoghi e di culture, rievocano profumi e ricordi. La loro scelta rispecchia spesso personalità e umori, una sorta di identità cromatica che ci distingue a partire da quelli indossati. Quelli con i quali ci si sente in sintonia e che, in un certo senso, ci rappresentano. Ma non è detto che le tonalità debbano essere quelle che si trovano nei negozi. Grazie a delle particolari e antiche tecniche di stampa vegetali, infatti, i colori li possiamo crearli noi con foglie, fiori, frutti, spezie e fondi di caffè.
Metodo artigianale
A spiegarci lo strabiliante procedimento, l’esperta Giovanna Massironi, che da anni propone laboratori su questa tecnica. A uno siamo stati invitati anche noi di VareseMese. “Si tratta di un metodo artigianale, che si usa su tessuti naturali come il cotone, la seta o il lino. Il procedimento è semplice: raccolti i fiori freschi e le foglie, si va a creare una composizione direttamente sulla stoffa. Una volta definito il disegno si sovrappone un altro velo di tessuto, con cui lo si copre completamente. A questo punto, “armati” di un sasso o di un martello e soprattutto di pazienza, si inizia a dare il via alla stampa picchiettandoci sopra”, spiega la nostra guida alla scoperta di questa tecnica naturale.
“Un gioco da ragazzi”
Pian piano s’iniziano a intravvedere emergere i colori, prima timidamente poi sempre più decisi sotto i colpi degli strumenti, che nel frattempo si fanno più ritmati e veloci. “La cosa bella in questo tipo di stampa è che fino a lavoro finito, ossia quando si solleva il velo che copre la composizione, non è possibile conoscere il risultato. Questa è la parte più affascinante della tecnica, che offre sempre sorprese sia nelle forme sia nelle gradazioni cromatiche, che si svelano quando il tessuto è asciutto”, prosegue Massironi.
Come un acquarello
L’effetto è quello dell’acquarello sul cartoncino. L’acqua contenuta nei fiori e nelle foglie si sprigiona sbavando nei contorni e conferendo, allo stesso tempo, quella tipica sfumatura di trasparenze. “È una tecnica artigianale che piace per l’aspetto sorpresa sia ai bambini, conquistati forse più dal metodo, martello e sassi, sia agli adulti, che ne rimangono sedotti per la semplicità e il risultato strabiliante”, fa notare l’esperta.
Tinte a prova di lavaggio
Appresi i “segreti” del mestiere si può dare dunque dare inizio alle nostre prove d’autore per rinnovare magliette, dare dignità cromatica a lenzuola tristemente bianche, ravvivare asciugamani e camicie purché, ricordiamolo, siano di fibre naturali.
Ma – come è solito dire il collega giornalista Antonio Lubrano – la domanda nasce spontanea: lavando questi capi mica si cancellerà tutto? “Assolutamente no. Pensiamo a quante volte è capitato di macchiarci con l’erba o le ciliegie, forse ancora oggi quei segni sono testimoni di ricordi… Volendo, per rassicurare i più scettici, è possibile fare una leggera mordenzatura scaldando il tessuto tinto in acqua con un paio di cucchiai di aceto. Ma non è necessario, è solo un passaggio in più”, conclude la nostra interlocutrice.
Magico caleidoscopio
È stata un’esperienza coinvolgente che ci ha permesso di scoprire ritmi, tempi e colori della natura. Tinte alle quali non si riesce a dare un nome per l’unicità dei toni e delle sfumature di verdi, rosa, ocra e azzurri ottenuti dal magico caleidoscopio che ci offre la natura.