Elisabetta Farioli, direttore di Artevarese.com, intervista per noi la presidente del Cab, Centro Artecultura Bustese, che rivela: “Rispetto a quanto mi è capitato sul lavoro, in campo artistico come donna sono apprezzata senza limiti né confini”
“Lavorare sull’astratto richiede più impegno”
di Elisabetta Farioli
E’ vivace ed energica come i colori della sua tavolozza. Intrigante, seducente e libera da pregiudizi, come le linee che compongono e scompongono i segni nei suoi dipinti. Così si potrebbe immaginare la personalità dell’artista legnanese Maria Cristina Limido, guardando le sue opere. Poi, però, osservandole a fondo, si scoprono veli di malinconia, di inquietudini nascoste nelle forme-informi, che passano senza che il dolore o uno stato d’animo li possano conoscere.
Il linguaggio astratto
Cristina si racconta attraverso il linguaggio astratto: “rappresenta un viaggio dentro e fuori di me. E’ un lavoro istintivo e poco razionale. Lavorare sull’astratto, richiede più impegno rispetto a un figurativo, in quanto creare dal nulla, sulla tela bianca, significa mettere insieme tutti i tasselli del tuo percorso artistico, delle tue esperienze cromatiche, degli equilibri, come in un puzzle. E’ faticoso però, alla fine, quando tutto quadra, è una grande soddisfazione”.
Il pensiero si fa immagine
Attraverso la combinazione di forme, linee e colori, il pensiero si fa immagine. E, al di là degli “effetti”, ci sono le emozioni: “Dico sempre che l’arte è una necessità oltre a essere una terapia in quanto è un linguaggio, ognuno ha dentro un vissuto che esprime come sa fare”, spiega l’artista.
Il linguaggio astratto non consente un dialogo diretto con chi osserva un’opera, occorre guardarla ma soprattutto leggerla, cercare di instaurare una sorta di “relazione”. A tal proposito, recentemente hai intitolato una tua personale Mah!…
Sì perchè mi sono accorta che è un’esclamazione che la gente dice davanti a questo tipo di opere, che racchiude la domanda “cosa significa?”, nonostante siano più di cento anni che questa corrente esiste nella storia dell’arte!
Rappresenta il tuo modo di trovare ed esprimere le relazioni che caratterizzano l’esistere… Siamo nel mese di marzo, quello dedicato alle donne. Tu oltre a essere artista sei presidente del Cab, Centro Artecultura Bustese e, ancor prima, hai ricoperto un ruolo importante in un’azienda. Nel corso delle tue esperienze lavorative, hai incontrato difficoltà, pregiudizi o limitazioni?
Come donna ho vissuto la discriminazione. Negli anni Ottanta ero responsabile marketing in un’azienda e mi sono resa conto che, dopo la maternità, mi avevano tolto il lavoro. Per me è stata una grande sofferenza. In queste situazioni non hai voce… e, se ce l’hai, non sei ascoltata. Alla fine io ero la stessa persona di prima, ci si doveva solo organizzare. In campo artistico è tutta un’altra cosa, anzi devo dire che sono apprezzata, senza limiti né confini.
Libera, come le linee di colore che compongono e scompongono i segni di un’immagine, come filamenti iridescenti dell’esistere.