Sabrina Giussani, medico veterinario di Busto Arsizio, presidente senior di Sisca (Società italiana scienze del comportamento animale), parla di come le esperte supportano le famiglie e gli animali di compagnia
di Sabrina Giussani
Nel nostro Paese sempre più medici veterinari sono donne: in 10 anni siamo passate dal 37,4% al 46,5% del totale degli iscritti agli ordini professionali. Per ottenere questa qualifica, si devono possedere specifici requisiti elencati dalle Linee guida FnoviI (Federazione nazionale ordini veterinari italiani) e previsti dal Decreto Ministeriale del 26 novembre 2009. In particolare, sono sempre più numerose anche le dottoresse che si occupano di medicina del comportamento, una branca che interviene nell’ambito della prevenzione o della cura delle malattie dell’atteggiamento del cane, del gatto e dei nuovi animali da compagnia (coniglio, furetto, cavia e così via). Per esempio, può fornire consigli al sistema famiglia in merito alla scelta della specie o della razza, oppure in relazione alla disposizione nell’abitazione di tutto ciò che è necessario al piccolo. Oppure, alla comparsa di “comportamenti alterati” mostrati dall’animale, come sporcare in casa, disperarsi quando solo, aggredire e simili. L’esperto può, dopo aver realizzato una visita comportamentale, definire se si tratta di una situazione “normale” per il pet, ma poco gradita all’essere umano, oppure è presente una malattia. Il veterinario, nell’ambito della visita comportamentale, esegue un’accurata valutazione clinica e richiede, quando necessario, esami collaterali (per esempio quello del sangue e/o delle urine) e visite specialistiche, poiché alcuni comportamenti “alterati” possono essere provocati dalla presenza di un malattia organica.
Come si svolge la visita comportamentale?
Il medico può scegliere di incontrare l’animale in ambulatorio o a domicilio. La famiglia può scattare fotografie e realizzare video di ciò che l’amico a 4 zampe fa, di normale o di diverso dal solito,tra le mura domestiche, per completare il quadro. Durante la prima visita, della durata di circa 90 minuti, chi esegue la visita raccoglie informazioni su tutti i comportamenti del paziente (alimentare, assunzione di acqua, toeletta, il sonno, l’eliminazione, l’aggressione, la deposizione di marcature, il gioco, lo sviluppo) ponendo domande ai componenti della famiglia. La storia clinica di mau, miao e affini e la visita sanitaria terminano la prima parte della consultazione. Il medico osserva il comportamento dell’animale nella stanza (ambulatorio o a domicilio), come il pet interagisce con la famiglia o con i propri simili conviventi. Questa fase termina con la diagnosi (la presenza o assenza di una malattia del comportamento), la prognosi (l’evoluzione della sintomatologia mostrata dall’animale) e la terapia. Alla famiglia viene illustrato il significato dei comportamenti “alterati” del cane, del gatto o del nuovo animale da compagnia e fornisce i primi consigli gestionali e le misure di sicurezza “pronto uso”, necessarie quando l’animale si mostra minaccioso o molto pauroso. Il percorso riabilitativo può comprendere l’utilizzo di feromoni, nutraceutici o altre molecole. L’intervento riabilitativo si basa sulla nascita di una relazione in “equilibrio” e appagante per l’animale domestico e i familiari, così che il disagio mostrato possa essere curato con l’aiuto dei membri del sistema in cui l’animale è inserito.
Un ulteriore supporto arriva dall’istruttore riabilitatore, che assieme al veterinario esegue con la famiglia e il cane incontri pratici volti a trasmettere conoscenze e competenze al sistema. Le visite di controllo permettono poi di valutare i cambiamenti