Dopo le recenti adozioni in massa, l’allentarsi delle misure legate all’emergenza pandemica e la ritrovata voglia di uscire rischiano di fare trascurare gli animali d’affezione. Lo spiega ai nostri lettori Sabrina Giussani, medico veterinario di Busto Arsizio, presidente senior di Sisca (Società italiana delle scienze del comportamento animale)
Di Sabrina Giussani
La relazione con il cane, il gatto e gli altri animali d’affezione ha contribuito a farci superare la pandemia: i nostri amici a quattro zampe ci hanno tenuto compagnia, ci hanno abbracciato e sostenuto durante i giorni più difficili. Sembra infatti che durante la pandemia le adozioni siano più che raddoppiate, tanto che molti rifugi sono rimasti per la prima volta senza ospiti. Ora che stiamo tornando alla normalità e abbiamo voglia di leggerezza, non dobbiamo però dimenticarci di loro.
Miao e bau, che sofferenza!
Dobbiamo inoltre ricordare che pure i pets hanno subìto, così come noi, gli effetti della privazione di socialità e di libertà. Pensate che il cucciolo, per imparare a comunicare in modo corretto, deve frequentare i propri simili e gli esseri umani soprattutto durante i primi quattro mesi di vita: il periodo di socializzazione, infatti, si chiude dopo questo intervallo e subentrano timore e paura. Il cane adulto, invece, deve mantenere “in allenamento” la capacità di interagire con gli “altri” frequentando i propri simili nelle aree dedicate e incontrando gli esseri umani come ospiti nell’abitazione o durante le passeggiate. Lo stesso vale per gli stimoli ambientali come i rumori, i veicoli in movimento, gli odori, i differenti substrati (per esempio, asfalto, erba, pavimento) e così via.
Solo come un cane
Negli ultimi mesi numerose famiglie lamentano che il proprio cane minaccia e aggredisce i propri simili o le altre persone. Oppure fugge in preda al panico in occasione di alcuni rumori. Questi sintomi possono essere legati a ciò che l’animale non ha conosciuto durante i periodi “sensibili” o all’isolamento sensoriale protratto in età adulta. Inoltre, la maggior parte dei cani adottati durante la pandemia non ha sperimentato la separazione dai referenti, poiché gli umani sono rimasti per lungo tempo a casa. Ora che lo smart working è pressoché terminato, gli animali mostrano il disagio legato alla separazione attraverso l’abbaio, le distruzioni, lo sporcare in casa e così via.
Istinto felino
Anche il piccolo felino è stato messo a dura prova dalla pandemia. I gatti adulti, abituati a rimanere soli durante il giorno, all’improvviso hanno avuto compagnia per molti mesi. In alcune famiglie la convivenza è migliorata, poiché la relazione è diventata più intima. Mentre in altre il micio è diventato irritabile e aggressivo, in quanto incapace di trovare uno spazio privato in una casa sempre “occupata”. Inoltre, il ritorno al lavoro dei “coinquilini”, ha provocato un disagio soprattutto nei gattini, abituati alla continua presenza della famiglia umana: risvegli notturni, deiezioni emesse fuori dalla cassetta, aumento della irritabilità sono alcuni tra i sintomi riscontrati più frequentemente durante la visita comportamentale.