Le Amazzoni del Covid-19

di Andrea Mallamo

Se da un lato la pandemia ha relegato nell’ombra la questione femminile, dall’altra l’ha resa ancora più evidente. Ne parliamo con tre signore esperte in materia e con background culturali molto differenti

di Chiara Milani

Sono tra le vittime dimenticate del Coronavirus. Stiamo parlando di molte donne: quelle che durante il lockdown sono state di fatto rinchiuse in casa col loro aguzzino, quelle che stanno soffrendo sul lavoro a causa della prolungata chiusura di scuole e asili e quelle che, nonostante le proprie competenze, non sono state prese in considerazione per fronteggiare l’emergenza.

Per dare loro voce, abbiamo interpellato tre signore di altrettanti diversi angoli del mondo esperte di leadership, diritti, comunicazione, educazione.

La realtà familiare italiana e la ricchezza del “sistema integrato”

Dall’America la virologa Ilaria Capua aveva addirittura avanzato l’ipotesi di far tornare prima al lavoro l’universo femminile, che sembra più resistente al Covid-19. “Come non dire che l’idea di queste amazzoni che combattono contro il virus, perché più forti, ci prende il cuore?”, commenta Paola Biavaschi, docente dell’Università dell’Insubria, dove è direttrice scientifica del progetto Ced (Comunicazione educazione e diritto), che da anni promuove iniziative formative contro gli  stereotipi di genere e per la parità in tutti i settori. L’esperta però puntualizza: “Bisogna pensare che, a differenza che negli Stati Uniti, la nostra vita familiare è molto diversa, cioè noi viviamo più stretta interconnessione con  persone che appartengono alla classe di età diverse dalla nostra, dai figli ai genitori anziani. Si sarebbe allora dovuto veramente valutare caso per caso e andare a vedere quali fossero le donne che potevano poi rientrare a casa in sicurezza”. 

Quanto al coinvolgimento femminile nelle istituzioni italiane, “bisogna pensare che la donna porta con sé una ricchezza speciale, la  ricchezza di colei che di solito vive una visione completa del mondo lavorativo e del mondo familiare”, aggiunge Biavaschi: “Questo sistema integrato è ciò che le donne possono offrire come proposta in modo assolutamente specifico ed è unico. Anche per risolvere questioni inerenti le mamme e la didattica distanza, che questa è veramente la grande sfida del domani, perché se così dovrà essere, dovrà essere qualcosa che funziona davvero e non per poche ore”.

Dal Libano corsi di cittadinanza attiva e responsabilità sociale

Sempre per riflettere sulla tematica femminile, abbiamo anche voluto gettare lo sguardo anche oltre i nostri confini, soffermandolo in due contesti molto diversi dal nostro: il Medio Oriente e l’Oceania.

Prima tappa, dunque, il Libano, che attraversa da tempo molta instabilità politica. Ora il Coronavirus si è aggiunto a una gravissima crisi economica, con la dichiarazione di default da parte dello Stato lo scorso marzo. Un contesto difficile per tutti e in cui non è dunque difficile aspettarsi che le donne non se la passino particolarmente bene.  Ne abbiamo parlato con Rania Haddad, dirigente del Centro medico dell’Università americana e formatrice internazionale. “Pure in Libano il carico di lavoro delle donne con bambini è stato decisamente più pesante durante il lockdown”, ci ha confermato. E anche lì, peraltro, in quarantena è aumentata la piaga delle aggressioni tra le mura di casa. “Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha affermato che in tutto il mondo si è verificata un’orribile ondata globale di violenza domestica, poiché la paura del coronavirus è cresciuta assieme alle sue conseguenze sociali ed economiche”, commenta a proposito la nostra interlocutrice: “La situazione qui è simile e l’Ong libanese chiamata Abaad, che affronta proprio il tema dell’uguaglianza di genere, ha affermato che il numero di richieste di soccorso che ha ricevuto quest’anno è il doppio di quello ricevuto durante l’anno scorso. Inoltre, le nostre forze dell’ordine hanno lanciato un apposito numero verde”. Proprio, seppur non soltanto, per mitigare queste conseguenze, Haddad tiene soprattutto in Africa, Asia e Medio Oriente corsi di formazione sulla cittadinanza attiva e la responsabilità sociale. “Sì, mi concentro su 4 aree in cui lavorare per ridurre l’impatto della pandemia: quella economica, della salute mentale, di quella fisica e proprio la violenza domestica”, ci spiega, concludendo: “Incoraggio a sostenere le piccole e medie imprese e l’imprenditorialità, promuovere il benessere fisico e psicologico delle persone, oltre a combattere le aggressioni tra le mura di casa, che traumatizzano anche i bambini che ne sono testimoni”.

Agli antipodi dell’Italia, il Paradiso delle donne

Dall’altra parte del mondo, esiste una sorta di Paradiso in rosa. Stiamo parlando della Nuova Zelanda, che è stata la prima nazione al mondo a dare il voto alle donne e dove, attualmente, non soltanto il primo ministro è la più giovane lady mai eletta a capo di un governo al mondo, ma anche il Governatore generale (che rappresenta la Regina, essendo un Paese del Commonwealth) e il Capo di giustizia sono di genere femminile. Ne abbiamo parlato con la neozelandese Karyn Fenton-Ellis, per 26 anni conduttrice televisiva e radiofonica, premiata nel 2014 dalla regina Elisabetta per il servizio reso al suo Paese e alla comunità internazionale, visto che in passato ha anche presieduto l’Organizzazione non governativa JCI (Junior Chamber International)

Le facciamo notare che, secondo Forbes, molte delle nazioni che sembrano affrontare meglio la crisi legata al Coronavirus – ad esempio Islanda, Finlandia, Norvegia, Danimarca, oltre alla Nuova Zelanda – sono a guida rosa.  “Secondo me ciò è legato più alla personalità di chi governa che al loro genere”, commenta l’esperta di comunicazione, che però aggiunge: “Abbiamo bisogno di leader con grandi menti analitiche e capacità di risolvere dei problemi, ma anche con un tocco di umanità, empatia, capaci di stabilire connessioni. Ora, la domanda è: le donne hanno un vantaggio in questo campo? Diciamo che noi conosciamo l’importanza di nutrire le persone, sviluppando i loro punti di forza e rispettando le loro opinioni. Le donne sono grandi risolutrici di problemi, spinte dal desiderio di superare gli ostacoli. Affrontiamo anche le crisi nelle nostre famiglie con compassione e pazienza e questi attributi sono estremamente rilevanti per una leadership di forte impatto”. Infine, ma non ultimo, Fenton-Ellis conclude: “La verità è che molte donne leader hanno dovuto lavorare di più per dimostrare il loro valore e quindi sono altamente resilienti e inclusive”. In questo, come si suol dire, è – ahinoi – proprio vero che “tutto il mondo è paese”.

in foto: xxx

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