Il talento non ha genere

Rita Marcotulli è la regina italiana del jazz

di admin

Ha incantato il Salone Estense di Varese con Pietro Pirelli alla rassegna Parola di donna, di cui VareseMese è media partner: la pluripremiata musicista spiega perché non vorrebbe suonare in un gruppo tutto femminile

 

Soltanto per Basilicata Coast to coast, ha vinto il Ciak d’oro, il Nastro d’argento per la Migliore colonna sonora e – prima donna in assoluto a ricevere questo riconoscimento – il David di Donatello per il Miglior musicista. Oltre al Premio Top Jazz per il Miglior artista del nostro Paese di questo genere musicale. Rita Marcotulli vanta collaborazioni in tutto il mondo con i più grandi musicisti – come Miles Davis, Wayne Shorter, Jan Garbarek – ed è, a tutti gli effetti, la regina italiana del jazz.

Ospite della rassegna varesina Parola di donna, dove ha incantato il Salone Estense con Pietro Pirelli, si è raccontata a Vivere in Rosa, il salotto femminile di Rete 55 in onda la domenica alle 20.45 e in replica il giovedì alle 18.15 sul canale 88.

Quando si pensa alle colonne sonore vengono in mente nomi maschili, come quello di Ennio Morricone. Che cosa vuol dire oggi essere una donna in quest’ambito?

Dunque, rispetto a quando ho iniziato io, adesso ci sono molte più donne musiciste, ma devo che il problema della donna è sempre stato un fenomeno culturale. Paolo Conte cantava che Le donne odiavano il jazz, ma è semplicemente perché le donne facevano altro. Adesso, infatti, si può vedere quante donne suonano, anche molto bene, devo dire, con una grandissima sensibilità e quindi penso che la cosa importante è che esca la propria personalità, a prescindere se uno è donna o uomo, no? Perché nell’arte, di fatto, non ha genere. E’ un modo di esprimere delle emozioni, uno vive e quindi lo esprime attraverso le note, attraverso la pittura, attraverso il cinema… Quando sento dire Che brava, suona bene come un uomo! sorrido, perché di fatto io sfido chiunque a mettere un disco e poi riconoscere se è un uomo o una donna a suonare.

Eppure, se penso a una rassegna di lunga data sul nostro territorio come Eventi in Jazz nel Basso Varesotto, nella stragrande maggioranza dei casi i jazzisti ospiti sono uomini anche oggi…

Beh, certo, anche perché al momento siamo più di prima, ma rimaniamo comunque in minoranza. Credo e spero che sarà sempre meglio. Adesso, per esempio, non so qui in Italia, ma all’estero già ci sono molti, molti gruppi promiscui. Addirittura in Svezia, un gruppo deve essere per forza 50% donne e 50% uomini. Cosa che trovo un po’ estrema. Spesso per esempio mi dicono: facciamo un gruppo solo di donne, ma anche quello a me non va bene. Io voglio suonare della musica a prescindere se uno sia uomo o donna e voglio suonare con i musicisti con cui mi piace suonare.

 

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