Intervista a Cecilia Tessieri Rabassi, prima donna Maître Chocolatier al mondo, alla scoperta del gusto femminile che rende una tavoletta un’opera d’arte
“Un amore nato dall’uovo di Pasqua”
di Chiara L. Milani
Ha un dolcissimo primato: è la prima donna Maître Chocolatier al mondo. Cecilia Tessieri Rabassi, col suo inconfondibile accento toscano, ci parla dalla provincia di Pisa. E ci racconta di come è nato il suo amore per il cibo degli dei, ma anche delle nuove frontiere del cioccolato. Dispensando un consiglio prezioso: più corta è la lista degli ingredienti, meglio è.
Galeotte furono le uova di Pasqua, giusto?
Sì, è vero. Il ricordo più bello che ho di quando ero bambina nel cioccolato è proprio l’uovo di Pasqua, che mio padre portava molto grande, bello, decorato con tanti fiori. Quindi per noi era sicuramente un momento di grande piacere. Da lì è nata questa mia passione per questo mondo così bello e così dolce.
In realtà immagino che non sia stato proprio soltanto un percorso dolcissimo… qualche amarezza lungo il cammino?
Diciamo che sicuramente ero molto giovane quando ho iniziato questo lavoro e di conseguenza un po’ l’incoscienza della gioventù è servita a non arrendersi e andare avanti, a sperimentare sempre cose nuove. Il mio percorso nasce proprio da un progetto familiare. Dopo un viaggio che avevo fatto in Svizzera e mi ero reso conto di quanti piccoli punti vendita c’erano che creavano bonbon, praline, cioccolato, mentre in realtà in Italia, a parte solamente un pochino in Piemonte perché c’era la tradizione del gianduiotto, il cioccolato era ancora relegato alle pasticcerie, ai bar, con quei prodotti soprattutto industriali e con quelle grandi scatole con i fiori, i cani disegnati eccetera. E in realtà invece ho capito che potevamo fare una cosa diversa: del cioccolato fresco, realizzato in un piccolo laboratorio. E da lì è nata la voglia di cercare, di capire, di sperimentare. E siamo partiti chiaramente comprando il cioccolato fatto da altri. Poi piano piano invece dopo siamo andati alla fonte, siamo andati a capire dove si trovano i semi di cacao e quindi abbiamo fatto comunicazione ai nostri clienti. Nello stesso tempo, sperimentazione ma anche conoscenza del mondo del cacao, che è completamente diverso dal mondo del cioccolato.
Ma nessuno le ha mai detto: “Sei una donna, dove vuoi andare? Questo è un mondo maschile…”?
Allora, forse è stato un bene che io abbia le mie esperienze di lavoro sia nelle aziende piccole sia in quelle grandi sempre un contatto con uomini molto anziani e di conseguenza non hanno visto forse una bimba, come si dice qui in Toscana, che voleva imparare a fare questo mestiere e non ha avuto grossi problemi. Soprattutto perché io mi sono immedesimata nel fatto quasi di essere un uomo, quindi se c’era da lavorare 9 o 10 ore al giorno lavoravo, se c’era da tirare dei pesi, fare uno sforzo anche fisico non mi sono mai tirata indietro e ho sempre trovato il modo di farlo e quindi sempre ragionato come gli uomini nel contesto del lavoro. E loro mi hanno dato fiducia e mi hanno anche forse considerato come il loro. Quindi, per questo io non ho avuto grossi problemi. Devo dire che nel rapporto invece a volte nelle aziende più grandi, veramente forse chi non conosceva bene questa materia questa materia prima, il cacao, forse mi vedeva un po’ in maniera strana, non capiva quello che volevo fare, ma i tecnici avevano capito bene che io volevo fare il cioccolato.
Ma, secondo lei, esiste una sensibilità femminile quando lei crea i nuovi cioccolati rispetto ai colleghi uomini?
Tanti anni fa, proprio all’inizio del mio lavoro, mi ricordo che un giornalista che mi intervistò dopo che avevo fatto del cioccolato e mi disse: Si sente che c’è una sensibilità femminile in questo cioccolato, quindi devo dire che nel cibo è diverso l’approccio maschile e femminile. Io quando creo cioccolatini ragiono sempre in due maniere per forza, altrimenti non si creano grandi cioccolati: una parte della sensibilità femminile quindi la passione, l’amore, la gioia. Dall’altra parte la tecnica, il rigore, la parte fisica e chimica perché poi è un prodotto alimentare. Sicuramente questo connubio tra le due cose fa sì che la donna apporti una sensibilità diversa. Infatti a me piacciono i cioccolati amabili, eleganti, lunghi, non aggressivi, non amari: le cose che hanno e lasciano una sensazione, un sapore, lo stupore. Forse in questo sono la parte forse più femminile, ecco.
Tra l’altro si dice che le donne amino in particolare il cioccolato e che se ne sentano quasi il bisogno in certi momenti
“Allora devo dire che soprattutto le donne in età fertile nei momenti del ciclo hanno più bisogno di degustare, di mangiare cioccolato, anche se percepiscono la parte aromatica in maniera diversa, però ce n’è bisogno. Poi io ho creato i miei cioccolati migliori quando ero in dolce attesa. E comunque devo dire che comunque a tutti fa bene il cioccolato perché dà energia immediata al cervello e questo permette chiaramente anche a metà mattinata o pomeriggio di fare un piccolo break con 10-15 grammi di cioccolata: quando fondente, dà energia e non appesantisce, quindi sicuramente lo consiglio veramente.