Scacco matto al re

di Andrea Mallamo

Il mondo dei board game riserva sempre delle sorprese: nel panorama ludico italiano, Stefania Niccolini é una delle poche donne che ha successo nell’idearli. Al collega bustocco Luca Borsa spiega così come si è ritrovata in un settore che apparentemente sembra molto maschile

di Luca Borsa

Chi mi ha conosciuta da piccola, sa che ero un maschiaccio e che prediligevo divertirmi con le macchinine e a calcio piuttosto che con le bambole. Non che non ne avessi, ma facevano tutte una fine orribile, come le mie Barbie, che truccavo con il pennarello per poi struccarle con l’acetone, eliminando involontariamente anche gli occhi”.

Stefania Niccolini è un’appassionata di giochi da tavolo che un giorno col marito, Marco Canetta, ha iniziato a cambiarne le regole. Così, è diventata game designer e, assieme allo sposo, ha ideato diversi giochi strategici editi in tutto il mondo. Ha anche pubblicato due romanzi e ancora oggi si domanda che nesso abbia tutto ciò con la sua laurea in Economia e Commercio.

Dall’infanzia all’età adulta

Interpellata su come si sia ritrovata in un mondo prevalentemente maschile, racconta: “Giocare con i maschi mi divertiva, ma allo stesso tempo sentivo di non essere mai alla pari. È inutile, uomini e donne sono diversi e ci sono cose che fanno fare meglio i primi e altre meglio le seconde. Questo non significa sessismo, ma varietà e ricchezza dell’essere diversi e, se vogliamo, complementarietà di due lati della stessa medaglia. Nel calcio i miei amici erano sicuramente più bravi di me e io ero la schiappa che nessuno voleva nella propria squadra. Almeno a quei tempi, quello non poteva essere considerato un gioco in grado di insegnare la parità di genere, come del resto altri tipi di giochi fisici”.

La vera parità

Crescendo Niccolini ha però scoperto un mondo nel quale uomini e donne sono esattamente alla pari e nel quale perfino l’età non ha importanza: “Si tratta del fantastico mondo dei giochi da tavolo, capace di riunire persone completamente diverse intorno a un tabellone, delle pedine e qualche meeple (ndr: omini di legno del bestseller Carcassonne). Giocare e applicare le regole implicano automaticamente il rispetto del prossimo, chiunque esso sia. Di fatto il rispetto è una cosa che viene in maniera naturale senza neppure doverla insegnare o imparare”.

Il rispetto è… un gioco da ragazzi

Chiaro il suo pensiero: “Se intorno a un tavolo si riesce a rispettare il proprio compagno di gioco che sia di sesso, religione, età o idea politica diversi, perché non farlo anche nel proprio quotidiano, in famiglia, sul posto di lavoro e in generale in qualsiasi situazione si debba affrontare? Chi gioca impara un comportamento di rispetto universalmente valido, che aiuta a rapportarsi col prossimo e rende il nostro mondo un po’ migliore di quello che é”.

L’importante non è vincere…

Quindi, la conclusione: “La vita, in fin dei conti, è una lunga partita fatta di tanti round. Giocarli al meglio nel rispetto delle regole e degli avversari magari non porterà sempre a vincere, ma farà di noi delle persone comunque felici di essersi divertite in compagnia.

In foto: La game designer Stefania Niccolini

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