Presi per la gola

di Milani

 

In apertura di un anno importante per gli alimenti italiani, Massimiliano Serati, coordinatore dell’Osservatorio turistico regionale della Lombardia dell’Università Cattaneo di Castellanza, ci svela come attrarre turisti nella nostra regione. La ricetta vincente è passare dall’enogastronomia alla cultura del cibo”

 

Il 2018 è l’anno del cibo italiano nel mondo. C’è grande attesa circa il fatto che la nostra nazione – tempio della dieta mediterranea, patrimonio dell’umanità, e brand mondiale del food con quasi 300 prodotti distintivi certificati – reciti un ruolo da protagonista.

Una recente indagine dell’ UNWTO (World tourism organization), che ha intervistato componenti dei Ministeri del Turismo di 29 Paesi, rivela che l’offerta enogastronomica è considerata strategica per l’attrattività di una destinazione dall’87 per cento degli intervistati. Il pensiero va alle enormi potenzialità dell’Italia.

Tuttavia, in base ai dati dell’Osservatorio turistico Travel (Tourism reporting and volumes evaluation in Lombardy) della LIUC Business School, che ha effettuato circa 2.000 interviste a turisti in visita in Lombardia nel 2017, ristorazione ed enogastronomia, pur rientrando tra le attività più importanti svolte sul territorio per il 65% degli intervistati, risultano tra le prime tre motivazioni di viaggio soltanto per il 16,5% di essi. L’allure enogastronomica non genera nella nostra regione flussi turistici altrettanto consistenti.

Sono evidenze in linea con una visione diffusa: nella sua accezione ristretta l’enogastronomia, che pur fidelizza il turista e gli fa apprezzare una località, possiede limitata capacità di attivazione di nuovi flussi turistici. Il cibo, forte elemento di interesse, non è sufficiente a esser scelti come destinazione turistica. Il ragionamento muta se alla visione tradizionale di enogastronomia sostituiamo il concetto di cultura del cibo: in altri termini, solo quando l’arte culinaria ed enologica diventano vero e proprio prodotto turistico sono in grado di attrarre e motivare nuovi visitatori.

Occorre a tal fine dosare, in un mix complesso, alcuni ingredienti fondamentali.
In primis il bilanciamento tra identità locale e vocazione internazionale: proporre il cibo senza ancoraggio al territorio di riferimento è insensato, ma ignorare le vocazioni culturali (e i gusti) dei potenziali fruitori è dannoso. Prodotti e piatti tipici sono attrattori turistici quando le logiche della sagra territoriale, della commercializzazione pura, del ricettario tradizionale rigido, si combinano con i principi del marketing territoriale e con proposte creative che, pur rispettando il prodotto, lo rielaborano in forme sempre nuove e versatili.

Dall’enogastronomia alla cultura del cibo

Il turista insegue “il gusto”, ma vuole conoscere come esso nasce, vuole sapere delle materie prime e delle loro caratteristiche organolettiche, informarsi sui processi di lavorazione, le tecniche di cottura, le varietà di prodotto esistenti; e vuole visitare i luoghi di produzione, siano essi artigianali (piccoli caseifici, imprese agricole, piccole cantine), o industriali. 

Dal menu passivo a quello attivo

Al turista piace “fare”. I laboratori di cucina, le fattorie didattiche, le degustazioni guidate, le esperienze di food design, nel cui ambito i turisti siano chiamati a cimentarsi in prima persona, ma anche proposte di Sharing Meal che seducono e aiutano a fare branding:  “Progetta e realizza il tuo Menu” o “Fai la spesa con lo Chef”.

Creatività e fashion

Il cibo come filo conduttore per altre modalità espressive del talento italiano: decorazioni per dolci, tessile e ceramica per la tavola, utensileria di design, arredamento. Ancora: spazio per visite e proposte aziendali che trasmettano l’idea del cibo al centro di un percorso di sviluppo culturale e produttivo.

Gli eventi tematici

Saloni, rassegne, festival, percorsi. Le regole: vocazione internazionale, ampio storytelling, replicabilità, location di gusto, cultura tout court insieme a cultura del cibo.

Il tutto nel rispetto dei principi di sostenibilità e di “saldatura” con altre modalità di offerta turistica. Per essere non soltanto prestigiosi e invidiati… per essere scelti.

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