Memory trips

di Milani

In Italia è ancora sottovalutato il turismo della memoria. Massimiliano Serati, coordinatore dell’Osservatorio turistico regionale per la Lombardia dell’Università Cattaneo di Castellanza, ci parla del fenomeno dei viaggi legati al ritorno alle origini, che nella nostra regione potrebbe attrarre i discendenti di 2 milioni di persone

Memoria del passato, innovazione nel presente. I 35 anni di storia di VareseMese significano anche questo. Continuità tra epoche diverse, ruolo della memoria, recupero del passato in chiave moderna costituiscono terreno fertile anche per una riflessione su un tema a me caro in materia di turismo: il turismo della memoria, o, come direbbero oltreoceano, il fenomeno dei memory trips. L’espressione è in sé evocativa: sto parlando del ritorno in patria, sotto forma di visita turistica, dei discendenti di seconda, terza e quarta generazione degli italiani emigrati all’estero nel secolo passato. A nessuno sfuggirà che il fenomeno va ben al di là dell’idea di turismo in senso stretto e coinvolge il cuore, gli affetti, l’orgoglio di origini a volte oggetto di pregiudizi, la curiosità per un passato difficile e romantico, l’interesse per luoghi e tradizioni appena intuite, ma di cui si discute spesso in famiglia magari in un italiano sempre più stentato di generazione in generazione.
Se vogliamo pensare al puro aspetto di business, i numeri potenziali sono enormi: nel secolo scorso, al netto di coloro che sono rientrati in patria dopo un periodo di permanenza all’estero, sono stati circa 14 milioni gli italiani emigrati definitivamente e oggi i loro discendenti equivalgono a quasi 80 milioni di persone di origine italiana nel mondo.
L’esodo è stato importante (più di quanto si pensi) anche dalla Lombardia: più di 2 milioni di emigrati stabili che hanno scelto come meta Stati Uniti e Canada, l’America Latina, l’Europa Centrale (Germania, Francia, Belgio-Olanda in primis).
Solo di recente alcuni operatori attenti hanno provato a sfruttare questo segmento di domanda, che rimane non ancora percepito nel nostro Paese a livello di sistema. Eppure quello del turista della memoria è un profilo dalle caratteristiche interessanti: permanenza media sul territorio piuttosto elevata (8-16 giorni), ottima propensione alla spesa, tendenza a viaggiare in gruppi familiari relativamente numerosi. Ma ciò che più seduce, soprattutto nell’era dei social, è la straordinaria propensione del turista che entra in contatto con i luoghi dei propri antenati a raccontare esperienze, condividere emozioni, esprimere il piacere quasi ancestrale di ritrovarsi “a casa”. Ne deriva un’azione di passaparola e di comunicazione diffusa particolarmente efficaci nel promuovere la crescita di alcune destinazioni turistiche diventate tali proprio grazie al turismo della memoria.
Del resto le motivazioni del viaggio sono profonde: ricostruire il passato della famiglia, capire le specifiche ragioni dell’emigrazione, liberarsi dal peso di appartenere ad una comunità non autoctona, incontrare i parenti ancora in vita, visitare il paese abbandonato dagli antenati; sciogliere i dubbi sulla propria origine culturale e comprendere a fondo cosa ci sia di italiano nel proprio stile di vita. Il tutto, naturalmente, con una forte carica emozionale, una spiccata attitudine alla fruizione turistica lenta, un intenso desiderio di confronto e dialogo con chi ha fatto la scelta di rimanere a casa.
Nel mondo anglosassone le proposte volte a intercettare questo segmento di domanda si sono arricchite col tempo di asset specifici: la ricerca d’archivio di documenti su famiglia e paese di origine, la ricostruzione dell’albero genealogico, l’organizzazione del soggiorno con la visita ai luoghi che hanno caratterizzato la storia degli antenati, fino all’organizzazione di vere e proprie reunion di famiglia.
Fare in modo che il turista si senta come a casa propria. In questo caso molto più che un semplice slogan.

Foto: Milano – Piazza della Scala 1885, Trippini stampe – Studio bibliografico – Stampe antiche. Nel riquadro, Massimiliano Serati immortalato da Daniele Belosio

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