Morte o vita nuova?

di Milani

Novembre è il mese in cui tutti sono interiormente spinti a recarsi al cimitero per fissare lo sguardo nelle foto dei propri cari, posare un fiore, accendere un lume, mormorare una preghiera. Ci incamminiamo poeticamente per il camposanto con una guida d’eccezione: monsignor Claudio Livetti, già prevosto di Busto Arsizio

di monsignor Claudio Livetti

Il Camposanto è un luogo sacro, perché custodisce ciò che di corporeo rimane dopo la morte. Chi, come Adorno, afferma: “Gli uomini crepano e basta!” forse non sente l’esigenza di varcare quella soglia.

La riflessione di Gibram
Quando inizio il mio cammino nel cimitero, mi accompagna la riflessione di Gibran: “Se passerete un giorno nel cimitero, entrate silenziosi e camminate lentamente, per non disturbare con un rumore di passi coloro che dormono sotto terra”.

I versi di Divo Barsotti…

Procedo lentamente, riflettendo che la vita è un paradosso continuo: bene e male, vita e morte, vicinanza e lontananza sono separati solo da un soffio. Come è fragile la nostra esistenza! Ma come è bella questa fragilità! Dentro si gioca tutto. La fede rende robusta la mia fragilità. So che non posso avvicinarmi al mistero della morte in modo frettoloso e formale. Penso al passaggio dal finito all’Infinito, dal buio alla Luce, dalla ricerca alla Verità. Sento rivolti a me, ottantasettenne, questi versi di Divo Barsotti:
Un corpo
mi è stato prestato
ed ora mi è richiesto.
Non rimpiango quanto mi è tolto,
altro mi è promesso
di luce e di bellezza.
Come avrebbe potuto
accompagnarmi questo corpo
nella mia vita immortale?”

“Sempre più si restringe
la mia vita
nell’intimo.
Poco e incerto
il mio passo
affonda nella nebbia.
Mi chiude e mi difende
la fortezza del silenzio.

…e quelli di Birago Diop

Proseguo a passo lento il mio pellegrinaggio, sentendo il profumo dei cipressi e dei crisantemi. Dal cuore emergono i versi di Birago Diop:

“I morti non sono mai partiti.
Sono nell’ombra che si illumina
e nell’ombra che si addensa.
Non sono i morti sotto terra:
sono nell’albero che freme,
sono nel bosco che geme,
sono nell’acqua che scorre,
sono nell’acqua che dorme,
sono negli antri e nella folla:
i morti non sono morti,
I morti non sono mai partiti:
sono nel seno della donna,
sono nel bambino che vagisce
e nel tizzone che s’accende.
I morti non sono sotto terra:
sono nel fuoco che si spegne,
sono nelle erbe che piangono,
sono nello scoglio che geme,
sono nella foresta, sono nelle case:
i morti non sono morti.
Senti la voce del fuoco,
senti dell’acqua la voce.
Ascolta nel vento
il cespo che piange.
È il soffio degli antenati.”

In ricordo di don Isidoro
Il mio pellegrinaggio termina davanti alla tomba del mio amico Don Isidoro, di cui un coetaneo di Busto ha scritto:
    “Non si tratta di uno di noi
     che è passato all’Altro Mondo
     ma è una figura dell’Altro Mondo
     che è vissuta qui
    ed è rientrata nella sua sede naturale”

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