Coppie in bilico: Oltre il silenzio

di admin

Oltre la vergogna

Sia chiaro. Non esistono ceto sociale, grado di istruzione, condizione economica che rendano immuni dalla violenza. Troppo spesso si crede che le donne vittime di soprusi e botte siano –nella maggior parte dei casi –straniere, che non abbiano studiato e che non abbiano un lavoro. Non è così. Spesso sono laureate e con un ruolo di prestigio ad essere picchiate, nel silenzio della propria abitazione. Dal compagno, dal marito. E troppo spesso è la vergogna a convincerle al silenzio. La paura del giudizio. Delle conseguenze.
Sono 120 le vittime di femmini- cidio del 2016. Sono 7 milioni, invece, le donne che nel corso della loro vita hanno subito violenza e sono state vittime di soprusi. Fisici e verbali. Sono questi i numeri della vergogna, diffusi dal Ministero della Giustizia attraverso la più recente analisi Istat.
I numeri parlano chiaro: più dell’82 % dei delitti compiuti nei confronti di una donna – In Italia è riconducibile al compagno. Quasi sempre è la gelosia a far scattare la rabbia, a far perdere il controllo. Il desiderio irrefrenabile di voler comandare, sottomettere, monitorare ogni movimento della fidanzata o della moglie. Il femminicidio, seppur il lieve calo rispetto al passato, rappresenta ancora oggi una piaga sociale diffusa e che deve essere assolutamente rimarginata.
Gli assassini, nella maggior parte dei casi, sono uomini tra i 31 e i 40 anni. Le vittime sono invece –ancora più giovani: dai 18 ai 30 anni. Dato allarmante anche quello relativo alle donne
più mature, tra i 71 e gli 80 anni. Spesso vittime dei mariti.
Nell’immaginario collettivo, si pensa spesso che la donna vittima di violenza sia –nella maggior parte dei casi –straniera, poco istruita, economicamente non indipendente. Non è così. Nella maggioranza dei casi, si tratta di italiane (solo nel 22 % dei casi la vittima è straniera). Stesso discorso anche per chi compie il reato: quasi nel 75 % dei casi si tratta di un uomo italiano.
L’arma più utilizzata per colpire, ferire, perfino uccidere la donna è il coltello. In più del 40 % dei casi, la vittima viene colpita più volte. Con un coltello, appunto, o con altri oggetti, quali rastrelli, martelli, forbici.
Se da un lato è la Legge a supportare, difendere, proteggere le donne vittime di violenza, con il D. L. del 2013 contro il femminicidio (che rientra nel quadro tracciato dalla convenzione di Instanbul) e che prevede pene aspre e misure cautelari, dall’altro rivestono un ruolo sempre più preziosi i centri antiviolenza. In controtendenza rispetto alla media nazionale, la provincia di Varese ne è ricca, malgrado la crisi. Ultima apertura, quella a Malpensa. Lo sportello, gestito da Filo Rosa Auser in collaborazione con Sea e intitolato a Laura Prati, tragicamente uccisa nel 2013, rappresenta un caso unico, poiché primo punto di ascolto in Italia all’interno di uno scalo aeroportuale. A Malpensa lavorano circa 18mila persone, di cui il 30 % sono donne. 20 mila i passeggeri di passaggio in un anno. Lo sportello, quindi, può rappresentare un valido riferimento, per lavoratrici e viaggiatrici.

Debora Banfi

 

 

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